martedì 28 giugno 2011

Rita Atria

"L'unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo."

Ancora oggi nel 2011 molte persone non sanno chi è Rita Atria, che cosa rappresenti per la Sicilia e per tutto il mondo. E' lontana dal cuore e soprattutto dalla memoria. Ma Rita è stata una grande donna capace di abbattere pregiudizi e stereotipi, in grado di andare contro tutto e tutti solo per amore della verità e della giustizia.
Per chi non la conoscesse, questa è la sua storia:

Rita Atria nasce in una famiglia mafiosa ed a undici anni perde, ucciso dalla mafia, il padre Vito, mafioso della famiglia di Partanna. Sono gli anni dell'ascesa dei corleonesi e della guerra di mafia che li vedrà impegnati in sanguinosi omicidi di uomini delle cosche rivali per la presa del potere.

Alla morte del padre, Rita si lega ancora di più al fratello Nicola ed alla cognata Piera Aiello. Di Nicola, anch'egli mafioso, Rita raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna. Nel giugno 1991 Nicola Atria verrà ucciso dalla mafia, e sua moglie Piera Aiello decide di collaborare con la giustizia.
Rita Atria, a soli 17 anni, nel novembre 1991, decide di seguire le orme della cognata, cercando, nella magistratura, giustizia per quegli omicidi. Il primo a raccogliere le sue rivelazioni fu Paolo Borsellino al quale ella si legò come ad un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre deposizioni hanno permesso di arrestare diversi mafiosi e di avviare un'indagine sul politico Vincenzino Culicchia per trent'anni sindaco di Partanna.
Dopo una settimana dalla bomba di via d'Amelio, il 26 Luglio 1992, si uccise a Roma dove viveva in segretezza.
Rita Atria per molti rappresenta un'eroina, per la sua capacità di rinunciare a tutto, finanche agli affetti della madre (che la ripudiò e che dopo la sua morte distrusse la lapide a martellate), per inseguire un ideale di giustizia attraverso un percorso di crescita interiore che la porterà dal desiderio di vendetta al desiderio di una vera giustizia. Rita (così come Piera Aiello) non era una pentita di mafia, non aveva infatti mai commesso alcun reato di cui pentirsi. Per questo la sua collaborazione assume un valore ancora più alto e correttamente ci si riferisce a lei come "testimone di giustizia".

Lei che è stata e sarà sempre grande esempio di coraggio non può essere sepolta e dimenticata nell'oblio, poiché si muore davvero solo se si è dimenticati da tutti. Se questo avverrà allora la sua vita, la sua morte e il suo coraggio saranno stati vani..


"Attendere chi. O cosa?
Forse una speranza
l'illusione di cambiare ciò che ti circonda
talmente complicato perché sai che mai
ciò che è stato rubato ti potrà essere restituito
puoi gridare, piangere, soffrire,
ma nessuno ascolterà, nessuno ti capirà
anzi ti giudicherà."

"Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.
Tutti hanno paura ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combarrete la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.
Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi
ma io senza di te sono morta."



mercoledì 15 giugno 2011

Un sondaggio "alienante"


Nei meandri della rete noto il post critico di un altro blog che mostra questo sondaggio effettuato dalla Feltrinelli Editore. L'immagine parla da se. E' evidente quanto tutte e 3 le risposte siano palesemente sessiste. Qualunque sia la risposta fornita, ciò che le accomuna  è l'evasione dalla realtà.  Tipici stereotipi da casalinga di Voghera che tra una ramazzata di straccio e l'altra sognano una vita felice e meravigliosa con un bel principe azzurro pronto a salvarle dalla triste realtà. E poi di nuovo, giù di ramazza. Oltretutto dal sondaggio si evince che le lesbiche non leggono libri data la terza risposta. 

martedì 14 giugno 2011

La conquista del diritto al voto

Francia: Olympe de Gouges nel 1791 redige il testo della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, sulla scia della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, rivendicandone l'estensione anche all'universo femminile. Nel preambolo si afferma che la dimenticanza, l'ignoranza o il disprezzo verso i diritti delle donne sono causa delle disgrazie pubbliche e che,per questo motivo, si è deciso di mettere per iscritto i diritti naturali,inalienabili e sacri della donna. L'art. 1 dichiara che la donna nasce libera e vanta gli stessi diritti dell'uomo. L'art. 2 dispone che i diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo e della donna sono: il diritto di proprietà, di libertà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all'oppressione. L'art. 4 individua i limiti dei diritti delle donne nella tirannia dell'uomo, limite superabile con le leggi della natura e con la ragione. L'art 6 rivendica il diritto al voto, il diritto di partecipare alle decisoni normative, l'uguaglianza nell'accesso ai pubblici impieghi. Prima che tutto questo diventi realtà passerà un secolo e mezzo. Infatti, la dichiarazione di Olympe de Gouges (di cui ho citato solo alcuni artt.) resta soltanto una rivendicazione. L'autrice viene ghigliottinata dopo qualche anno e,nel necrologio fù scritto: "Ricordatevi dell'impudente Olympe de Gouges, che per prima fondò dei circoli riservati alle donne. Ha voluto essere uomo di Stato e la legge ha punito questa cospiratrice per avere trascurato i doveri propri del suo sesso".
Inghilterra: Nello stesso periodo, Mary Wollstonecraft scrive A Vindication of the Rights of Woman. Wollstonecraft, a proposito dei diritti delle donne, dirà: "il mio principale argomento è costruito sul principio basilare che se la donna viene educata esclusivamente a diventare la compagna dell'uomo, fermerà il suo progresso nella conoscenza e nella virtù". Secondo la scrittrice inglese la fonte del diverso trattamento fra uomo e donna stà nell'educazione, infatti scrive:"ammaestrate fin dall'infanzia al fatto che la bellezza è lo scettro della donna, la loro mente si plasma sul corpo e ciondolandosi nella gabbia dorata cerca solo di adorare la propria prigione." Nell' '800 Harriet Taylor Mill riprende le idee della wollstonecraft giungendo al rifiuto di una inferiorità femminile "naturale": l'inferiorità della donna rispetto all'uomo, è costruita da quest'ultimo che ha deciso di chiudere la donna entro i confini della casa e dei ruoli familiari (dunque nella sfera privata). Educazione, sistema di volori e impalcatura giuridica sono i pilastri sui quali si basa la diseguaglianza tra uomo e donna.
America: la strada per il riconoscimento del diritto di voto alle donne, in primis, viene imboccata proprio in America. A metà '800 si riunisce la prima convenzione sui diritti delle donne e in questo contesto, viene approvata la Dichiarazione dei sentimenti detta anche Dichiarazione di Seneca Falls ricalcata sulla Dichiarazione di indipendenza. La battaglia viene vinta nel 1920 con il riconoscimento del diritto di voto a livello federale. In Inghilterra il diritto di voto alle donne, che avessero compiuto trenta anni, fù riconosciuto nel 1918. In Italia ed in Francia, il movimento suffragista fù un movimento del '900.
Italia: Lo Statuto Albertino del 1848 apparentemente non pone alcuna differenza tra uomo e donna, ma limita (contraddicendosi) il diritto di voto agli uomini che avessero certi requisiti. Nel 1859, il decreto Rattazzi affermava: "non sono elettori nè eleggibili gli analfabeti, le donne, gli interdetti...". Sul voto amministrativo vi è un dibattito, su quello politico no nel senso che è talmente impensabile riconoscerlo alle donne, che neppure viene previsto come divieto nella legge. Nel 1919 il diritto al voto viene riconosciuto agli uomini analfabeti. "La donna invece era lasciata in compagnia dei malati di mente,degli incapaci, dei criminali reclusi" . Nel 1867, con la sinistra al potere, vi è qualche speranza: Anna Maria Mozzoni teneva la conferenza sul voto politico alle donne e presentava una petizione al parlamento. La Montessori fù la mente di un'idea geniale: fare iscrivere le donne nelle liste elettorali, posto che un divieto formale ed esplicito non c'era. Le richieste, numerose, aprirono un contenzioso liquidato da tutte le corti d'appello italiane con una eccezione: Ancona. Lodovico Mortara (presidente della corte d'appello di Ancona) nel 1906 emana una sentenza in cui giudica ammissibile l'iscrizione nelle liste di dieci candidate. La sentenza venne annullata dalla corte di cassazione. Segue la discussione in parlamento della petizione della Mozzoni , il periodo fra le due guerre mondiali e il fascismo. Nel 1945 viene pubblicato sulla gazzetta ufficiale il decreto legislativo luogotenenziale intitolato "estensione del diritto di voto alle donne". Il 2 giugno del 1946, all'assemblea costituente, vennero elette 21 donne, appartenenti per lo più alla classe media, avevano una discreta cultura e provenivano principalmente del centro-nord dell' Italia.
Concludo riportando un passo di Elisa Boschetti, del 1901:
"La donna deve persuadersi che in lei non vi è alcuna inferiorità naturale. Soltanto i vieti sistemi di educazione nè hanno fatto un essere debole e passivo, o eroicamente devoto, o scientemente capriccioso e frivolo, dannoso alla sua stessa causa ed a quella di tutta l'umanità. Una riforma s'impone, e questa riforma deve venire da noi. I pochi uomini che si occupano delle nostre condizioni giuridiche ed economiche hanno talvolta parole di incoraggiamento per noi; ma essi non possono nè vogliono fare di più. E sta bene. Noi, soltanto noi dobbiamo essere le fautrici della nostra libertà. La storia ci dimostra ad ogni passo come le conquiste ottenute col concorso di elementi estranei vennero sempre amaramente scontate...Dal secolare assopimento può risvegliarsi e mettersi all'opera coll'ardore del neofito, compiendo opere utili alla società che ha bisogno di energie coscienti e altruistiche..."

lunedì 13 giugno 2011

Eloisa


Eloisa è una donna, realmente esistita,vissuta nel medioevo. Fù educata dalle monache nel convento di Argenteuil. Nipote di Fulberto, chierico della cattedrale Notre-Dame. Quando ebbe l'età per andare in sposa, lo zio decise che prima dell'evento avrebbe coronato gli studi con l'aiuto di un precettore. A quel tempo, in Francia, circolava il nome di Abelardo: maestro noto per le doti nella dialettica e per la cultura immensa. Fulberto decise che la nipote avrebbe avuto il miglior maestro: Abelardo, il quale accettò. Eloisa era molto giovane, alta e bionda, grandi occhi e un sorriso dolcissimo. "Appena prese a interrogarla, si stupì per la vastità delle sue conoscenze e la scioltezza con cui sapeva esporle. Nessun'altra donna aveva mai mostrato di fronte a lui una simile padronanza nel condurre la discussione". Ciò che mancava ad Eloisa era l'approccio critico: la giovane aveva sempre studiato da sola, senza confronto se non con lo zio, senza domande da porre a qualcuno. Infatti, come lo stesso Abelardo le disse: "senza lo scambio,il confronto, la discussione,anche il più vasto dei saperi rischia di inaridire". Cominciarono le lezioni e fra i due cominciò a nascere anche l'amore, col pretesto di seguirla con più costanza, Abelardo si fece ospitare in casa di Fulberto. Tra il maestro e l'allieva nacque una storia d'amore ma lo zio, venutone a conoscenza, giurò vendetta per il tradimento. Intanto Abelardo,partito per la Bretagna, tornava a Parigi. Al ritorno gli giunse un biglietto di Eloisa: " Fai attenzione, mio zio ti sta cercando...mi tiene prigioniera nella mia stanza.Ma io sono felice, non rimpiango nulla. Aspetto un figlio!". Di nascosto i due amanti si incontrano e Eloisa parte per la Bretagna, dove sarà al sicuro. Abelardo la raggiungerà dopo avere affrontato Fulberto. Abelardo e Fulberto accordano il matrimonio fra Abelardo ed Eloisa, il quale (per volere di Abelardo,intento a salvaguardare la sua reputazione di maestro, resterà segreto). Ecco che Eloisa lascia il bimbo in Bretagna( chiamato Astrolabio "colui che abbraccia le stelle" e che non rivedrà mai più) e torna a casa dallo zio. Quest'ultimo, preso dalla sete di vendetta, viene meno ai patti svelando il matrimonio fra l'allieva ed il maestro. Venuta a sapere del patto fra Abelardo e Fulberto, Eloisa cmmenta così :"quale felicità se tu fossi legato a me dall'amore,anzichè dal vincolo matrimoniale" ed incoraggia Abelardo a difendere la sua reputazione. Eloisa dice ad Abelardo che suo zio ha raccontato a tutti del loro matrimonio, ragion per cui Eloisa viene allontanata dalla casa dello zio e per volere di Abelardo, si rifugia in un convento. Come aveva promesso, Fulberto si vendicherà di Abelardo facendolo evirare. Abelardo per la vergogna decide di prendere i voti, lo stesso farà Eloisa. Fra i due vi è uno scambio di lettere nelle quali Eloisa (ventenne quando prende i voti) continua ad esprimere tutto il suo amore mentre Abelardo ormai scrive da religioso, non d'amante. Lo stesso Abelardo,infatti,scrive:" piangi per chi ti ha salvata, non per chi ti ha sedotta...piangi il Signore che è morto per te". Eloisa si identifica con l'immagine,tipica del medievo, della donna che tenta l'uomo e quindi in una sorta di Eva e cita alcuni passi delle sacre scritture in cui la donna è stata fonte di disgrazie per l'uomo. La stessa Eloisa scriverà in una lettera: " a peccare siamo stati in due, ma tu solo hai pagato" . I due vissero il resto della loro vita separati incontrandosi pochissime volte. Abelardo non scriveva ad Eloisa se non per motivi religiosi ed Eloisa,ancora una volta, dovette sepellire il suo amore. Nel frattempo Abelardo scrisse delle lettere, probabilmente ad un amico immaginario, componendo un'opera dal titolo "storia delle mie disgarzie". Opera letta da Eloisa con estrema amarezza in quanto l'uomo che aveva amato e che ancora amava non esisteva più. Abelardo muore nel 1142, Eloisa diventa badessa e muore all'età di 63 anni. Pietro il Venerabile, abate di Cluny, scriverà di Eloisa: "...mentre tutto il resto del mondo,come intorpidito da una meschina indifferenza, rifuggiva da questi esercizi e la sapienza non sapeva più dove posare i suoi piedi, non dico presso le donne, dalle quali era stata completamente bandita, ma neppure presso gli uomini, tu, con quella eccezionale passione per gli studi, sei prevalsa su tutte le donne e quasi hai superato tutti gli uomini". Oggi i resti dei due amanti riposano accanto nel cimitero Père Lachaise.

Lo stupro



Il 9 marzo del 1973 Franca Rame fu aggredita da 5 neofascisti.
La portarono su un furgoncino e la violentarono, lasciandola poi sulla strada in uno stato di totale confusione mentale. Quell’evento fu così angosciante che non riuscì a parlarne per due anni. Non ne parlava per vergogna, si sentiva quasi colpevole tanto era stato umiliante.
La violenza fu raccontata dall’attrice nel 1975 attraverso il monologo “lo stupro”, senza dichiarare di averla vissuta personalmente, dichiarazione che fece solo nel 1987 alla trasmissione Fantastico della Rai.
Evidentemente, spiegherà Franca Rame, cercavano di convincerli a non fare più della loro professione (il teatro) uno scenario per parlare di politica.
Attraverso il monologo l'attrice mostrerà lo scenario in cui si trova veramente una vittima di stupro.





Da sempre lo stupro è stato un'arma utilizzata dall'uomo per predominare sulla donna, considerata solo come oggetto volta a soddisfare i suoi istinti più animaleschi, non solo ad un livello fisico ma soprattutto mentale. In una società misogina e machista la donna risulta storicamente subordinata all'uomo, ma ciò ovviamente non è una condizione biologica ma soltanto frutto della relazione storica tra uomo e donna. L'uomo non vede la donna così com'è ma, guardandola nella sua condizione di inferiorità vede se stesso nella sua condizione di superiorità incrollabile. La realtà dei fatti è che l'uomo teme la "diversità positiva" della donna, basti pensare alla religione, dove per religione intendo bigottismo e non fede fine a sé stessa, che considera la donna l'essere più vicino a Dio proprio perché capace di dare la vita e per questo temuta e denigrata. L'uomo profana il corpo femminile per farla tacere facendola sentire alla sua mercè senza potersi ribellare, per sconvolgere il suo equilibrio non solo fisico ma esistenziale rendendola magari ostile anche verso la maternità.
Lo stupro provoca nelle donne le più svariate reazioni ma una che le accomuna tutte è il profondo senso di vergogna e colpa, tanto che tantissime donne non raccontano mai l'accaduto, o soltanto dopo tanti anni (per esempio Franca Rame). Il problema è che la donna non si sente inserita in un contesto sicuro, dentro il quale è lei la vittima da aiutare. Ancora oggi la donna passa dalla parte del colpevole perché il suo comportamento ha in un qualche modo giustificato l'aggressore: era vestita provocante, si muoveva in modo provocante e così via. In fin dei conti la colpa è sempre della donna!
A tale proposito consiglio la visione del film "Sotto accusa" di Jonathan Kaplan.

Per fortuna in Italia circa 20 anni fa sono nati numerosi Centri antiviolenza e Case delle donne, istituti finalizzati ad accogliere le donne e aiutarle a superare il trauma subito perché la cosa più importante è che queste donne capiscono che la colpa non è loro, che nessun abbigliamento o ragione politica può giustificare una tale sopruso e che va denunciato.
Tuttavia l'Italia ha un triste passato e qualcosa solo adesso si sta smuovendo, basti ricordare che il Codice Rocco classificava i reati di violenza sessuale e incesto rispettivamente tra i "delitti contro la moralità pubblica e il buon costume"e tra i "delitti contro la morale familiare". In pratica, si trattava di un crimine contro la dignità personale e la moralità pubblica, ma non contro la persona stessa. Inoltre si ammetteva il "matrimonio riparatore": secondo questo articolo del codice, l'accusato di delitti di violenza carnale, anche su minorenne, avrebbe avuto estinto il reato nel caso di matrimonio con la persona offesa. Insomma la donna non aveva il diritto di possedere il proprio corpo.
Ecco perché mi preme ricordare una donna che dovrebbe essere conosciuta da tutte/i noi Franca Viola la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore.


A 18 anni venne sequestrata e violentata per più giorni da Filippo Melodia, suo spasimante sempre respinto, il quale probabilmente contava anche sulla clausola del matrimonio riparatore. Franca non accettò il matrimonio ma denunciò il suo aggressore per sequestro di persona. Malgrado le intimidazioni alla famiglia di Franca quest'ultimo fu condannato.
Questa donna, esempio di coraggio e rispetto di se stessa deve essere presa come modello da tutte coloro che vivono una situazione così devastante.

venerdì 10 giugno 2011

Gigli dorati

Ho scovato sul web questo terribile sopruso usato in Cina. In verità è tutto preso da un libro, "Cigni Selvatici" di Jung Chang, in cui si parla della vita di una famiglia composta da una nonna,  madre e figlia, ripercorrendo il  periodo storico che va dal 1900 al 1990. Qui un piccolo estratto dal libro:

"Minuscole scarpe di seta...minuscole, come i piedini che ospitavano, sette otto centimetri per essere considerati pregevoli, sette centimetri che avrebbero reso la donna degna di essere sposata.
Ho appena finito di leggere "Fiore di neve e il ventaglio segreto", questo romanzo mi ha fatto vivere nelle stanze delle donne, mi ha fatto ricamare e soffrire insieme a loro.
Guardavano il mondo attraverso gli intarsi delle finestre, lontane dal mondo e dagli eventi, obbedienti e sottomesse, senza la possibilita' di allontanarsi, l'unica cosa che le avrebbe rese degne di uno sguardo da parte della suocera o del marito sarebbe stata la fortuna di avere un figlio maschio.
I piedi venivano fasciati verso i due anni nelle famiglie altolocate, ed intorno ai sette in campagna, era la madre stessa che infliggeva questa sofferenza alla figlie, molte delle quali morivano prematuramente per la cancrena tra sofferenze atroci.
"Quando avevo sette anni, mia madre mi lavò i piedi, li cosparse di allume e mi tagliò le unghie. Poi mi piegò le dita contro la pianta del piede, legandomele con una fascia lunga tre metri e larga cinque centimetri, cominciando dal piede destro e passando poi al sinistro. Mi ordinò di camminare, ma quando ci provai, il dolore fu insopportabile. Quella notte mi sentii i piedi in fiamme e non riuscii a dormire; mia madre mi picchiò perché piangevo. Nei giorni seguenti cercai di nascondermi, ma fui costretta a comminare sui miei piedi. Dopo alcuni mesi, tutte le dita, tranne l'alluce, erano schiacciate contro la superficie interna. Mia madre mi tolse le bende e lavò il sangue e il pus che mi colavano dai piedi.
Mi disse che solo rimuovendo a poco a poco la carne i miei piedi sarebbero diventati snelli. Ogni due settimane mi mettevo delle scarpe nuove: ogni nuovo paio era di qualche millimetro più piccolo del precedente. D'estate i piedi puzzavano tremendamente di pus e di sangue, d'inverno erano gelidi per la mancanza di circolazione. Le quattro dita arricciate all'indietro sembravano bruchi morti. Ci vollero tre anni perché potessi calzare le scarpe di otto centimetri, le mie caviglie erano sottili, i piedi erano diventati brutti e ricurvi."
Con la crescita, l'arco plantare si rompeva e si fratturavano anche tutte le falangi delle dita ripiegate, tutto il peso del corpo gravava sul tallone, per camminare le donne, con i gigli dorati, dovevano appoggiarsi ad un bastone, o sorreggersi ai muri, e' chiaro che non potevano andare da nessuna parte la loro vita era legata alla casa e al marito, si muovevano solo con le portantine.
Pare che la fasciatura dei piedi sia nata intorno al 900 d.c, per la civetteria di una concubina imperiale che si fasciava i piedi mentre danzava per il suo imperatore, il Confucianesimo si approprio di questo vezzo, per costringere le donne entro le mura domestiche, questo sistema era peggiore di tanti altri, (infibulazione, cintura di castita'), perche' comportava un controllo totale della persona.
La fasciatura dei piedi era il requisito fondamentale di una moglie, garantiva al marito la certezza di avere una moglie sottomessa e remissiva, piu' piccoli erano i loti dorati, piu' il carattere della fanciulla era stato domato, dovevano essere solo dei gingilli nelle mani degli uomini.
Al primo incontro prematrimoniale, i suoceri usavano sollevare la gonna della promessa sposa, per esaminarne piedi, d"a quell'unico gesto erano in grado di capire se la ragazza fosse degna o meno di essere data in sposa al figlio maschio, unica vera ricchezza della famiglia.



La fasciatura dei piedi venne proibita nel 1920, ma e' comunque durata nelle campagne fino all'avvento della RPC nel 1949.


Il giglio dorato aveva anche una fortissima valenza erotica, gli uomini bramavano per toccarlo, l'odore che emanava era migliore di qualsiasi erba afrodisiaca, erano "oggetti" che servivano a dare piacere, per le stesse donne, l'unica persona che potesse toccarle i piedi era il marito."


martedì 7 giugno 2011

Il corpo delle donne di Lorella Zanardo

Propongo la visione di questo documentario di Lorella Zanardo, proprio perché credo che descriva perfettamente la condizione in cui la donna si trova in questa società. Una donna ridotta ad oggetto, donna ridotta dai mass-media come merce di scambio.
Non è il nudo in sè il problema, quanto il nudo usato per vendere. Questo lo trovo denigrante nonchè offensivo. Senza contare che in Italia 3 milioni di persone soffrono di anoressia o bulimia, e nel 95% dei casi si tratta di donne. Queste patologie emergono soprattutto nella fascia d'età che va dai 12 ai 25 anni. La bambina, fin da piccola, apprende che l'avvenenza sessuale è la cosa più importante richiesta alla donna. In Italia proliferano concorsi di bellezza, però le donne sono discriminate nel lavoro, soprattutto perchè possono essere gravide, i posti di comando delle donne sono pochissimi soprattutto nei settori della politica e della burocrazia. In tv ci sono vallette, letteronze e così via che vengono usate per la loro avvenenza ma non hanno alcuna competenza professionale. La cultura occidentale illude la donna di essere libera sessualmente, ma "mercificare" non significa liberare. Spesso mi si dice "ma nessuno le obbliga lo scelgono loro":  non imporrei mai ad una ragazza di non fare la velina, neanche quella sarebbe libertà, con la costrizione non si ottiene nulla, tuttavia sarebbe necessaria una riforma educativa che faccia crescere le ragazzine non pensando che il corpo è l'unica cosa che le farà avere successo, ma che lei ha ben altre potenzialità. Mente critica! questa è la parola d'ordine.
La mercificazione del corpo femminile non fa altro che alimentare la cultura machista ed omofoba. Dovremmo renderci conto che la bellezza è un aggettivo che attribuiamo agli altri assolutamente soggettivo e che non può servirsi di canoni stabiliti, siamo stanchi di guardare sempre e solo gli stessi corpi! Quanto è bella la varietà.
Ma questo cambiamento deve partire da noi donne, come dice la Zanardo " Ci guardiamo con occhi maschili...senza questa pressione continua sul dovere essere belle, secondo dei canoni che noi non abbiamo scelto ci accetteremo molto di più per quelle che siamo". "Il corpo delle donne",  è innanzitutto la storia di una donna che ha finalmente detto basta all'abuso mediatico del corpo femminile.









lunedì 6 giugno 2011

I monologhi della vagina

La vagina è stata da sempre vista come un tabù, qualcosa di cui ci si deve vergognare.
Ricordo che nel libro "Dalla parte delle bambine" di Elena Gianini Belotti, l'autrice fa riferimento a come il pene del bambino venga baciato e mostrato senza problemi a coloro che vengono a trovare il nascituro, mentre la vagina della bambina no...perchè c'è sempre questo senso di vergogna.
Ecco che la masturbazione dell'uomo è una cosa normale, mentre quella della donna no, è una perversione. Addirittura ci sono donne che non hanno mai visto la loro vagina, ne consegue una profonda ignoranza e disattenzione verso un organo così delicato e importante com'è la vagina.
Ed ecco che in questo contesto s'inserisce una donna Eve Ensler che ha avuto l'idea geniale di scrivere "I monologhi della vagina".












Eve Ensler scrisse la prima bozza dei Monologhi nel 1996, dopo aver intervistato 200 donne sulle loro idee sul sesso, relazioni, e violenza contro le donne. Le interviste cominciarono come conversazioni casuali con amici della Ensler, ed in seguito giunsero a comprendere anche racconti di terze persone.
Ensler ha dichiarato che il suo interesse per le vagine cominciò «crescendo in una società violenta". «L'emancipazione delle donne è profondamente connesso alla loro sessualità» e «io sono ossessionata dall'idea di donne violate e stuprate, e dall'incesto. Tutte queste cose sono profondamente legate alle nostre vagine.»
L'autrice scrisse i Monologhi per celebrare la vagina, che è descritta come sessualmente superiore al pene, in quanto di essa fa parte il clitoride, considerata la sola parte del corpo umano specificamente ed esclusivamente volta al piacere. Ensler considera la vagina come uno strumento di emancipazione, attraverso il quale le donne possono ottenere una completa femminilità e sviluppare la propria individualità.
L'opera è costituita da un numero variabile di monologhi letti da diverse donne. Ogni monologo è collegato alla vagina, attraverso diversi temi: sesso, stupro, amore, mestruazioni, mutilazione, masturbazione, nascita, orgasmo e così via
Monologhi furono la base di partenza per la nascita del movimento del V-Day, i cui partecipanti, nel giorno di San Valentino, organizzano rappresentazioni per beneficenza. La "V" in V-Day rimanda a Valentino, Vagina, Vittoria. Il ricavato delle rappresentazioni viene di solito devoluto ad associazioni e programmi che assistono le donne vittime di violenza domestica.

"Vagina. Ecco, l’ho detto. “Vagina.” L’ho ripetuto.
La dico perché credo che ciò che non si dice non venga visto, riconosciuto e ricordato. Ciò che non diciamo diventa un segreto, e i segreti spesso creano vergogna, paura e miti. La dico perché un giorno o l’altro vorrei sentirmi a mio agio pronunciandola, e non vergognarmi o sentirmi in colpa.
Dico “Vagina” perché quando ho cominciato a pronunciare quella parola ho scoperto quanto fossi frammentata, e come risultasse scollegato il mio corpo dalla mia mente. La mia Vagina era una cosa che stava laggiù, lontana. Di rado la vivevo, o la prendevo in considerazione. Ero occupatissima a lavorare, a scrivere; a fare la mamma, l’amica. Non vedevo la mia Vagina come una risorsa primaria, un luogo di nutrimento, umorismo e creatività. La collegavo con una gran tensione, una gran paura. Una donna stuprata, pur essendo cresciuta e avendo sperimentato tutto quello che le donne adulte fanno con la propria Vagina, non rientra mai veramente in quella parte del corpo dopo la violenza subita. In pratica, vive la maggior parte della sua vita senza il suo motore, il suo centro, il suo secondo cuore.
Dico “Vagina” perché voglio che la gente reagisca, e così è. 
Dico “Vagina” perché ho letto le statistiche e ovunque succedono cose terribili alle vagine: ogni anno negli Stati Uniti vengono stuprate 500 mila donne; 100 milioni hanno subito mutilazioni genitali in tutto il mondo; e la lista continua. Dico “Vagina” perché voglio che queste violenze cessino, e so che non cesseranno finché non riconosciamo che succedono; l’unico modo per raggiungere questo scopo è permettere alle donne di parlarne senza timore di punizioni o castighi.
Fa paura pronunciare questa parola. “Vagina.” All’inizio hai l’impressione di sfondare un muro invisibile. “Vagina.” Ti senti in colpa, a disagio, come se qualcuno stesse per colpirti. Poi, dopo che l’hai detta per la centesima o la millesima volta, ti viene in mente che è la tua parola, il tuo corpo, la tua parte più essenziale. All’improvviso ti rendi conto che la vergogna e l’imbarazzo che provavi pronunciando-la miravano a mettere a tacere il tuo desiderio, a erodere la tua ambizione.
E quanto più le donne pronunciano la parola Vagina, minore è l’effetto che fa; diventa parte del nostro linguaggio, parte della nostra vita. La nostra Vagina diventa integrata, rispettata, sacra. Diventa parte del nostro corpo, collegata alla nostra mente, e carburante per il nostro spirito. La vergogna se ne va e la violenza cessa, perché la Vagina è qualcosa di visibile e di reale, ed è associata a donne potenti e sagge che parlano di Vagina"




domenica 5 giugno 2011

Essere Donna

Credo che la situazione in cui attualmente versa la civiltà occidentale in particolare riferendomi alla società italiana sia notevolmente disagiata e triste sotto tanti punti di vista. Meriterebbe delle riflessioni da parte di tutti noi quotidianamente in quanto nessuno di noi può ritenersi escluso dal continuo “stupro” culturale che avviene di fronte a noi, non rendendoci nemmeno conto di come la crisi morale ci investa non trasversalmente come molti forse ancora pensano, ma è proprio nella nostra personalità, nel nostro modo di guardare e di interagire con il mondo, con gli altri che ritroviamo gli effetti della decadenza sociale in cui siamo immersi. Da donna ritengo che un aspetto importante da sottolineare all’ interno di questo scempio etico sia proprio il cambiamento che sta assumendo il concetto di Lavoro rapportato al sesso femminile nella condizione odierna. Il sesso è sicuramente una delle armi più potenti che gli esseri viventi posseggano in grado di condizionare i rapporti tra gli individui addirittura generando enormi contrasti. Nel secolo scorso migliaia di donne hanno combattuto per mettere fine alla loro subordinazione subita da secoli, non si tratta di voler assomigliare all ‘altro sesso bensi di riconoscere la propria diversità non come un difetto o come una mancanza ma come un dato di fatto, come l ‘unicità del nostro genere. Sono stati davvero tanti i risultati ottenuti da donne che hanno lottato perché credevano fermamente nella loro identità, donne che hanno con grande dignità affrontato battaglie sessiste con l ‘obbiettivo di portare alla luce del sole la propria identità e oggi?
A distanza di decenni tutto sembra essersi trasformato anzi si è parecchio trasformato. Cosa è oggi per alcune donne un lavoro? Per cosa lottano ancora le donne?credo che in italia la situazione a livello di oppressione femminile sia quasi del tutto scomparsa. Non vi sono più schiavitù sessuali (malgrado alcuni episodi e alcune determinate situazioni). Se pensiamo a quello che succede giornalmente in molti paesi orientali o dell’ emisfero australe credo che possiamo ritenerci più che fortunate di vivere in occidente.
E allora, in occidente e in Italia in particolare il problema è l’ uso che noi facciamo della nostra immagine, del modo con cui vogliamo dimostrare ancora la nostra uguaglianza /diversità. Un modo del tutto sbagliato a mio avviso, che pruduce effetti esattamente opposti. Dunque non ci sono solo donne che sono costrette a vendersi perché schiave. Alcune e direi la maggior parte lo fanno per libera scelta, perché tutto sommato è il modo più semplice per raggiungere le proprie ambizioni.perchè questa società ci propone la strada più semplice come quella da seguire,”non dobbiamo faticare troppo ma avere sempre e tutto a disposizione. Guardare dritti al successo senza osservare chi ci sta vicino”. Perché questa società antepone i fini ai mezzi. L‘immagine è praticamente tutto si può raggiungere qualunque obbiettivo mostrando usando e strumentalizzando il corpo e anche i sentimenti più profondi. L’importante è ciò che si appare. Una vera e propria prostituzione fisica e intellettuale. È ammissibile che una figura più o meno gradevole possa essere diventata il curriculum di una donna? mi chiederei se è eticamente legale visto che a quanto pare ormai lo è da altri punti di vista. È una sistema concatenato perché se è vero che alcuni uomini continuano a vedere la donna come una merce, è pure vero che sempre più donne non sono capaci di dire un “no grazie” di fronte a proposte che possano soddisfare una propria ambizione. Perché credono che un lavoro ormai sia quello dove posso fare sempre meno e guadagnare sempre di più. I media non ci insegnano che lavoro è una parte della propria vita fondamentale per realizzare un pezzo di noi ,che un lavoro è qualcosa che richieda competenze specifiche e che ne vale la nostra vita all ‘interno della società. No, tutto questo è fuori discussione. Lavoro ormai è strumentalizzazione della cultura, è fare a gara per chi sa meglio mostrare ciò che ha o che se non ha tenterà di avere in tutti i modi, lavoro è chi sa meglio “fare” piuttosto che parlare, chi sa meglio fingere di avere un quoziente intellettivo più basso di quello che già basso è di per sé. Non credo che ci siano vittime e carnefici in questa situazione ma un sistema di concause. Assoluta denigrazione e mancanza di riconoscenza verso chi in passato ha lottato per ottenere un lavoro con cui potere soltanto mangiare e verso donne che nel presente invece non possono e non vogliono cedere a questo sistema sovvertito, che credono ancora nella giustizia, in un sistema meritocratico che non escluda nessuno, che non vogliono che l’ impianto di un intero paese abbia una matrice sessuale, che questa sia il suo cardine. Insomma un‘immagine della donna ridotta al nulla dalle donne stesse, insieme ad un inglobamento anche di donne diverse di un’altra parte della società all interno di questa tristissima immagine.

Giulia Albanese

Strumenti di tortura

Credo non ci sia alcun bisogno di dire chi siano le streghe o cosa sia stata realmente la caccia alle streghe. Per capirne di più consiglio vivamente la lettura del Malleus maleficarum, un testo ufficiale della Chiesa sulla stregoneria, in cui erano riportate le abitudini di vita quotidiane delle streghe, testimonianze ottenute sotto tortura delle donne ritenute streghe.
Sotto tortura, ho usato l'espressione corretta.. come si può considerare una testimonianza come attendibile se strappata con torture atroci?
Ritengo opportuno creare un topic per elencare alcune delle principali torture a cui era sottoposta ingiustamente la donna..non per uno strano piacere sadico, ma per la consapevolezza di come molte donne hanno sofferto e di come alcune di loro soffrono ancora (vedi la lapidazione).

Il Rogo era la parte finale della sentenza, sempre visibile dal pubblico, era un monito per la popolazione e per chi avesse desiderato diventare strega o chi fosse eretico.
In Scozia la strega era strangolata e semi incoscente veniva immersa in un barile di catrame, in seguito appesa ad un palo, se essa riusciva a sfuggire alla morte il pubblico la spingeva nuovamente nel fuoco.












Nell'esecuzione pubblica di Anna Pappenheimer, ella prima subì la tortura della strappata ovvero fu legata ad una carrucola e le sue articolazioni slogate in seguito ad un potente contraccolpo dato con una corda dall'esecutore, le furono strappati i seni con una tenaglia rovente che furono fatti ingerire a forza ai suoi due figli adulti.

Annodamento
Si attorcigliavano strettamente i capelli delle streghe a un bastone. Quando l'inquisitore non riusciva ad ottenere una testimonianza si serviva di questa tortura; robusti uomini ruotavano l'attrezzo in modo veloce provocando un enorme dolore e in alcuni casi arrivando a togliere lo scalpo e lasciando il cranio scoperto.

Il topo
Per torturare le streghe o gli eretici un topo vivo era inserito nella vagina o nell'ano della persona sospettata con la testa rivolta all'interno del corpo, e talvolta l'apertura veniva ricucita per evitare che l'animale fuoriuscisse dal corpo non prima di aver lacerato le carni del torturato.

Dissanguamento
Era una credenza comune che il potere di una strega potesse essere annullato dal dissanguamento o dalla purificazione tramite fuoco del suo sangue. Le streghe condannate erano 'segnate sopra il soffio' (sfregiate sopra il naso e la bocca) e lasciate a dissanguare fino alla morte.

Le Turcas
Tutte le unghie venivano strappate al loro posto erano inseriti aghi.

Vergine di Norimberga
La macchina consiste in una specie di armadio metallico a misura d'uomo e di forma vagamente femminile, più o meno grande a seconda dei casi, pieno di lunghi aculei che penetrano nella carne senza ledere organi vitali.
Il condannato ipoteticamente veniva fatto entrare in questo "sarcofago" e, chiudendo le ante, veniva trafitto dai suddetti aculei in ogni zona del corpo, morendo lentamente tra atroci dolori.


















Pulizia dell'anima
Era spesso creduto, nei paesi cattolici, che l'anima di una strega o di un eretico fosse corrotta, sporca e covo di quanto di contrario ci fosse al mondo. Per pulirla prima del giudizio, qualche volta le vittime erano forzate a ingerire acqua calda, carbone, perfino sapone. La famosa frase 'sciacquare la bocca con il sapone' che si usa oggi, risale proprio a questa tortura.

Il Triangolo
L'accusato veniva spogliato e issato su un palo alla cui estremità era fissato un grosso oggetto piramidale di ferro. La presunta strega veniva fatta sedere in modo che la punta entrasse nel retto o nella vagina. Alla fine alla poveretta venivano fissati dei pesi alle mani e ai piedi...
















La Culla della Strega
Questa era una tortura a cui venivano sottoposte solamente le streghe. La strega veniva chiusa in un sacco poi legato a un ramo e veniva fatta continuamente oscillare. Apparentemente non sembra una tortura ma il dondolìo causava profondo disorientamento e aiutava a indurre a confessare. Vari soggetti hanno anche sofferto durante questa tortura di profonde allucinazioni. Ciò sicuramente ha contribuito a colorire le loro confessioni.

Immersione dello sgabello
Volgarmente sgradevole, e spesso fatale, la donna veniva legata a un sedile che impediva ogni movimento delle braccia. Questo sedile veniva poi immerso in uno stagno o in un luogo paludoso. Varie donne anziane che subirono questa tortura morirono per lo shock provocato dall'acqua gelida.

Credo sia importante conoscere anche i mezzi subdoli che l'uomo ha da sempre usato solo per non accettare i cambiamenti e far si che tutti la pensino alla stessa maniera, nonché eliminare chi è da ostacolo!


venerdì 3 giugno 2011

L'evoluzione degli stereotipi femminili alla Disney



Trovo assolutamente veritiera questa immagine, compresa la descrizione, finalmente la disney, da qualche anno a questa parte, ha cominciato a rappresentare la donna non come la classica bella principessa passiva, che deve essere salvata dal principe azzurro nonchè uomo dei sogni, per arrivare a donne coraggiose che sanno essere eroine della loro storia.
Un cambiamento importante rappresentato da Mulan, Pocahontas, Tiana (la principessa e il ranocchio). Importante nella misura in cui le bambine, ma anche i bambini non crescono con la convinzione che ognuno ha il proprio ruolo, le bambine in casa a lavare, essere belle e vittime di invidie da parte di donne brutte e l'uomo come colui che la salverà. Era ora che la Disney si liberasse di tali stereotipi...c'è ancora tanta strada, speriamo che vada avanti e non faccia passi indietro..ci bastano già i giocattoli sessisti a rendere bambini e bambine plagiati/e!

giovedì 2 giugno 2011

Ipazia

Inauguriamo il nostro nuovo Blog con un post dedicato ad una delle "donne simbolo" della lotta per l'affermazione della figura femminile nella società. Siamo andate a scavare nella storia per recuperare documentazioni riguardo la vita di questa donna che è rimasta nell'anonimato troppo a lungo.

La figura di Ipazia, dopo essere stata cancellata dalla storia per mille e seicento anni, è tornata prepotentemente alla ribalta grazie anche al film di Alejandro Amenabar "Agorà", che ha suscitato un grande dibattito a tutti i livelli e che ha trovato ampia eco sui principali media nazionali.
La sua vita e la sua tragica fine ci lasciano un messaggio di così grande attualità e modernità da trasformarla in vero simbolo ed esempio per gli anni a venire. Con la speranza che alla fine Ipazia ritrovi la sua giusta collocazione nella storia.
Figlia di Teone, rettore dell'università di Alessandria e famoso matematico egli stesso, Ipazia e suo padre sono passati alla storia scientifica per i loro commenti ai classici greci: si devono a loro le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto.
In un mondo che ancora oggi è quasi esclusivamente maschile, Ipazia viene ricordata come la prima matematica della storia: l'analogo di Saffo per la poesia, o Aspasia per la filosofia. Anzi, fu la sola matematica per più di un millennio: per trovarne altre bisognerà attendere il Settecento. Ma Ipazia fu anche l'inventrice dell'astrolabio, del planisfero e dell'idroscopio, oltre che la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica.
Le sue opere sono andate perdute. Le uniche notizie su di lei ci vengono dalle lettere di Sinesio di Cirene: l'allievo prediletto.

Se ragione e fede costituiscono i due binari paralleli lungo i quali si è mossa la storia dell'Occidente negli ultimi duemila anni, l'episodio più emblematico della contrapposizione fra queste due ideologie accadde nel marzo del 415, con l'assassinio di Ipazia (Alessandria d'Egitto circa 370 - 415 d.c.) detta "la musa" o "la filosofa".
Il contesto storico in cui l'avvenimento ebbe luogo è il periodo in cui il cristianesimo effettuò una mutazione genetica, cessando di essere perseguitato con l'editto di Costantino nel 313, diventando religione di stato con l'editto di Teodosio nel 380, e iniziando a sua volta a perseguitare nel 392, quando furono distrutti i templi greci e bruciati i libri "pagani".
Gli avvenimenti ad Alessandria precipitarono a partire dal 412, quando divenne patriarca il fondamentalista Cirillo (proclamato Santo e Dottore della Chiesa nel 1882). In soli tre anni, servendosi di un braccio armato costituito da monaci combattenti, sparse il terrore nella città. Ma la sua vera vittima sacrificale fu Ipazia, il personaggio culturale più noto della città.
Il razionalismo di Ipazia, che non si sposò mai a un uomo perché diceva di essere già «sposata alla verità», costituiva un controaltare troppo evidente al fanatismo di Cirillo.
Uno dei due doveva soccombere e non poteva che essere Ipazia.
Aggredita per strada, Ipazia fu scarnificata con conchiglie affilate, smembrata e bruciata. Il governatore Oreste denunciò il fatto a Roma, ma Cirillo dichiarò che Ipazia era sana e salva ad Atene. Dopo un'inchiesta, il caso venne archiviato «per mancanza di testimoni».

"Immaginate un tempo quando il più importante matematico vivente era una donna, peraltro una donna molto attraente, e una donna che era contemporaneamente il migliore astronomo del mondo di allora. Immaginate che abbia condotto la sua vita ed il suo lavoro professionale in una città così turbolenta e problematica come sono oggi Beirut o Baghdad. Immaginate che questa donna matematica abbia raggiunto la fama non solo nel suo campo specialistico, ma anche come filosofo e pensatore religioso, capace di attrarre un largo numero di seguaci. Immaginate lei come una vergine martire ma non per la sua Cristianità, ma da parte dei Cristiani perché non era una di loro. E immaginate che il colpevole della sua morte sia stato accolto tra i santi più onorati e significativi della Cristianità. Non avremmo dovuto sentirne parlare? Non sarebbe dovuto succedere che in ogni libreria fosse stato possibile comprare una sua biografia? La sua vita non avrebbe dovuto essere nota a tutti? Potreste pensare che avrebbe dovuto essere così, ma così non è stato."

Da "Il sogno di Ipazia"
(spettacolo teatrale)


Gesù e le donne

Grazie ad una materia che sto seguendo all'università "filosofia delle religioni" ho avuto la possibilità di approfondire il rapporto tra Gesù e le donne in particolare attraverso il Vangelo di San Giovanni..
A prescindere dalla fede o religione di ognuno, Gesù Cristo è stato un grande uomo che ha predicato sempre e soltanto l'amore e povertà di spirito. Tuttavia il suo messaggio non è stato compreso, e oserei dire volutamente. Non è un mistero che i valori evangelici non corrispondono a quelli cattolici (si potrà controbattere tale mia affermazione e ne sarei lieta, il dibattito è sempre costruttivo).
Tuttavia in questa sede non voglio parlare tanto della figura di Gesù Cristo in quanto tale ma in particolare, come ho detto sopra, del suo rapporto con la donna. Gesù amava le donne e riconosceva loro dignità e rispetto. Quando Gesù diceva: "gli ultimi saranno i primi" nel nuovo Regno, si riferiva agli emarginati: malati e perciò ritenuti impuri e peccatori; persone con problemi psichici, che allora erano considerate indemoniate; poveri e pubblicani (ovvero esattori delle tasse, di livello sociale anche alto, però malvisti dalla gente). In questa vasta categoria di "ultimi", il sesso femminile era largamente rappresentato: prostitute, donne ripudiate, vedove, tutte particolarmente svantaggiate in una società patriarcale. Per secoli la donna non è stata rispettata, e questa discriminazione ancora oggi continua. La donna non viene riconosciuta nella nostra società. Sino a poco tempo fa lo stupro non era riconosciuto come delitto verso la persona, bensì verso la morale, quasi come se la donna non avesse il diritto di possedere il proprio corpo. Tuttavia da donna mi sento rincuorata, sapendo che Gesù amava le donne e non le ha mai messe in secondo piano come invece è stato fatto credere. Non possiamo dimenticare che il Cristianesimo inizia con una donna, Maria, sono le donne che avvertono i discepoli maschi del grande evento: sono loro insomma le prime inviate di Gesù per l'annuncio della sua resurrezione, e non solo la prima persona a cui Gesù darà la notizia di essere il Messia è proprio la Samaritana.
Seduto vicino ad un pozzo Gesù chiede dell'acqua alla Samaritana, lasciandola sbalordita perché per gli usi del tempo Gesù non avrebbe neanche dovuto parlarle; ma non solo le parla, ma la pone anche in una posizione privilegiata chiedendo il suo aiuto. Gesù invita la donna ad ascoltare le sue parole, perché lui è l'acqua che disseta per la vita, perché lui è l'acqua che disseta per l'eternità, chi lo segue non avrà più sete. Gesù è in grado di eliminare le barriere culturali che l'uomo pone fra sé e gli altri, e soprattutto rappresenta il perdono Quando i Farisei e gli Scribi lo mettono alla prova, ponendogli davanti l'adultera (che di lì a poco sarebbe stata lapidata secondo la legge di Mosè) per vedere come Gesù Cristo si sarebbe comportato ovvero se avrebbe rispettato la legge di Mosè, rimarranno sbalorditi quando Cristo scriverà sulla sabbia "chi è senza peccato scagli la prima pietra". Come l'uomo può giudicare se è egli stesso peccatore. Gesù non solo non giudica la donna, lasciandola libera, ma supera la legge di Mosè in nome del perdono. Come egli stesso afferma non è venuto per giudicare! In un’altra scena evangelica, riportata da Giovanni, Gesù torna a casa di Marta e Maria, dopo la resurrezione di Lazzaro. Ancora una volta Maria,
compie un gesto di somma delicatezza e rispetto verso di Lui: versa sui suoi capelli un vaso di profumo di nardo. A Giuda che non accetta questo spreco, giustificandolo con una falsa moralità, Gesù risponde affermando che tutti ricorderanno questo gesto amorevole di Maria, indicando in lei, sorella di Lazzaro, "l’ideale del credente che aderisce risolutamente al suo insegnamento" e spazzando via un’altra umiliante imposizione antifemminista della sua epoca.
Le donne di oggi devono sapere che il primo femminista fu, oltre 2 mila anni fa, proprio lui, il Messia.


Riporto qui di seguito i passi relativi alla samaritana e all'adultera

I farisei avevano sentito dire che Gesù battezzava e faceva più discepoli di Giovanni. Quando Gesù lo seppe, lasciò il territorio della Giudea e se ne andò verso la Galilea. (Non era Gesù, però, che battezzava; erano i suoi discepoli). Per andare in Galilea, Gesù doveva attraversare la Samaria.
Così arrivò alla città di Sicar. Lì vicino c'era il campo che anticamente Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe, e c'era anche il pozzo di Giacobbe. Gesù era stanco di camminare, e si fermò seduto sul pozzo. Era circa mezzogiorno.
I discepoli entrarono in città per comperare qualcosa da mangiare. Intanto una donna della Samaria viene al pozzo a prendere l'acqua.
Gesù le dice: "Dammi un po' d'acqua da bere".
Risponde la donna: "Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono samaritana?" (Si sa che i Giudei non hanno buoni rapporti con i samaritani).
Gesù le dice: "Tu non sai chi è che ti ha chiesto da bere e non sai che cosa Dio può darti per mezzo di lui. Se tu sapessi, saresti tu a chiederglielo, ed egli ti darebbe acqua viva".
La donna osserva: "Signore, tu non hai un secchio, e il pozzo è profondo. Dove la prendi, l'acqua viva? Non sei mica più grande di Giacobbe, nostro padre, che usò questo pozzo per sé, per i suoi figli e per le sue bestie, e poi lo lasciò a noi!"
Gesù risponde alla donna: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete. Invece, se uno beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; l'acqua che io darò diventerà per lui sorgente per l'eternità".
La donna dice a Gesù: "Signore, dammela quest'acqua, così non avrò più sete e non dovrò più venire qui a prendere acqua".
Gesù dice alla donna: "Và a chiamare tuo marito e torna qui".
La donna gli risponde: "Non ho marito".
Gesù le fa: "Giusto. E' vero che non hai marito: Ne hai avuti cinque, di mariti, e l'uomo che hai ora non è tuo marito".
La donna esclama: "Signore, vedo che sei un profeta! I nostri padri, samaritani, adoravano Dio su questo monte; voi in Giudea, dite che il posto per adorare Dio è a Gerusalemme":
Gesù le dice: "Voi samaritani adorate Dio senza conoscerlo; noi in Giudea lo adoriamo e lo conosciamo, perché Dio salva gli uomini cominciando dal nostro popolo. Ma credimi: viene il momento in cui l'adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme, viene un'ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio".
La donna gli risponde: "So che deve venire un Messia, cioè il Cristo, l'inviato di Dio. Quando verrà, ci spiegherà ogni cosa".
E Gesù: "Sono io il Messia, io che parlo con te". (….)
Molti samaritani di quella città cedettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". E quando i samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più cedettero per la sua parola e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo". (Gv.4,1-42).















Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Gv 8,3-11