lunedì 6 giugno 2011

I monologhi della vagina

La vagina è stata da sempre vista come un tabù, qualcosa di cui ci si deve vergognare.
Ricordo che nel libro "Dalla parte delle bambine" di Elena Gianini Belotti, l'autrice fa riferimento a come il pene del bambino venga baciato e mostrato senza problemi a coloro che vengono a trovare il nascituro, mentre la vagina della bambina no...perchè c'è sempre questo senso di vergogna.
Ecco che la masturbazione dell'uomo è una cosa normale, mentre quella della donna no, è una perversione. Addirittura ci sono donne che non hanno mai visto la loro vagina, ne consegue una profonda ignoranza e disattenzione verso un organo così delicato e importante com'è la vagina.
Ed ecco che in questo contesto s'inserisce una donna Eve Ensler che ha avuto l'idea geniale di scrivere "I monologhi della vagina".












Eve Ensler scrisse la prima bozza dei Monologhi nel 1996, dopo aver intervistato 200 donne sulle loro idee sul sesso, relazioni, e violenza contro le donne. Le interviste cominciarono come conversazioni casuali con amici della Ensler, ed in seguito giunsero a comprendere anche racconti di terze persone.
Ensler ha dichiarato che il suo interesse per le vagine cominciò «crescendo in una società violenta". «L'emancipazione delle donne è profondamente connesso alla loro sessualità» e «io sono ossessionata dall'idea di donne violate e stuprate, e dall'incesto. Tutte queste cose sono profondamente legate alle nostre vagine.»
L'autrice scrisse i Monologhi per celebrare la vagina, che è descritta come sessualmente superiore al pene, in quanto di essa fa parte il clitoride, considerata la sola parte del corpo umano specificamente ed esclusivamente volta al piacere. Ensler considera la vagina come uno strumento di emancipazione, attraverso il quale le donne possono ottenere una completa femminilità e sviluppare la propria individualità.
L'opera è costituita da un numero variabile di monologhi letti da diverse donne. Ogni monologo è collegato alla vagina, attraverso diversi temi: sesso, stupro, amore, mestruazioni, mutilazione, masturbazione, nascita, orgasmo e così via
Monologhi furono la base di partenza per la nascita del movimento del V-Day, i cui partecipanti, nel giorno di San Valentino, organizzano rappresentazioni per beneficenza. La "V" in V-Day rimanda a Valentino, Vagina, Vittoria. Il ricavato delle rappresentazioni viene di solito devoluto ad associazioni e programmi che assistono le donne vittime di violenza domestica.

"Vagina. Ecco, l’ho detto. “Vagina.” L’ho ripetuto.
La dico perché credo che ciò che non si dice non venga visto, riconosciuto e ricordato. Ciò che non diciamo diventa un segreto, e i segreti spesso creano vergogna, paura e miti. La dico perché un giorno o l’altro vorrei sentirmi a mio agio pronunciandola, e non vergognarmi o sentirmi in colpa.
Dico “Vagina” perché quando ho cominciato a pronunciare quella parola ho scoperto quanto fossi frammentata, e come risultasse scollegato il mio corpo dalla mia mente. La mia Vagina era una cosa che stava laggiù, lontana. Di rado la vivevo, o la prendevo in considerazione. Ero occupatissima a lavorare, a scrivere; a fare la mamma, l’amica. Non vedevo la mia Vagina come una risorsa primaria, un luogo di nutrimento, umorismo e creatività. La collegavo con una gran tensione, una gran paura. Una donna stuprata, pur essendo cresciuta e avendo sperimentato tutto quello che le donne adulte fanno con la propria Vagina, non rientra mai veramente in quella parte del corpo dopo la violenza subita. In pratica, vive la maggior parte della sua vita senza il suo motore, il suo centro, il suo secondo cuore.
Dico “Vagina” perché voglio che la gente reagisca, e così è. 
Dico “Vagina” perché ho letto le statistiche e ovunque succedono cose terribili alle vagine: ogni anno negli Stati Uniti vengono stuprate 500 mila donne; 100 milioni hanno subito mutilazioni genitali in tutto il mondo; e la lista continua. Dico “Vagina” perché voglio che queste violenze cessino, e so che non cesseranno finché non riconosciamo che succedono; l’unico modo per raggiungere questo scopo è permettere alle donne di parlarne senza timore di punizioni o castighi.
Fa paura pronunciare questa parola. “Vagina.” All’inizio hai l’impressione di sfondare un muro invisibile. “Vagina.” Ti senti in colpa, a disagio, come se qualcuno stesse per colpirti. Poi, dopo che l’hai detta per la centesima o la millesima volta, ti viene in mente che è la tua parola, il tuo corpo, la tua parte più essenziale. All’improvviso ti rendi conto che la vergogna e l’imbarazzo che provavi pronunciando-la miravano a mettere a tacere il tuo desiderio, a erodere la tua ambizione.
E quanto più le donne pronunciano la parola Vagina, minore è l’effetto che fa; diventa parte del nostro linguaggio, parte della nostra vita. La nostra Vagina diventa integrata, rispettata, sacra. Diventa parte del nostro corpo, collegata alla nostra mente, e carburante per il nostro spirito. La vergogna se ne va e la violenza cessa, perché la Vagina è qualcosa di visibile e di reale, ed è associata a donne potenti e sagge che parlano di Vagina"




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