martedì 25 ottobre 2011

Le donne invisibili nell’unità d’Italia

"Hanno contribuito in modo rilevante e originale al Risorgimento, come più tardi alla Resistenza. Ma non ci sono nei libri di storia. In occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario, si può provare a smascherare la rappresentazione tutta maschile dell’unificazione nazionale?"


Oggi, durante la lezione di storia contemporanea il professore ha fatto riferimento al fatto che durante l'800 vi fossero, direi scontatamente, pregiudizi misogini che ovviamente identificavano nell'uomo, ed esclusivamente in lui, il compito, nonché privilegio di cambiare le sorti della nostra Italia.
Quest'anno è ricorso il 150°anniversario dell'Unità del nostro paese e non ho potuto fare a meno di riflettere su un tema che mi sta molto a cuore, ovvero la totale, o quasi, assenza di nomi femminili all'interno del panorama storico sia esso antico, medievale, risorgimentale, moderno o contemporaneo. Perchè la storia quasi mai parla di donne, come se a cambiare le sorti di una società siano stati solo gli uomini; mai eroine ma solo eroi

Questo accade sempre per la stessa ragione ovvero l'assurda convinzione che la donna sia in grado soltanto di ricoprire ruoli inferiori e di poco prestigio.
Bisogna fare rivivere le grandi donne, perchè si muore davvero quando si è dimenticate. Ma noi non possiamo e non vogliamo dimenticare o peggio non sapere poiché l'ignoranza ci rende schiave/i.
"Sono infatti molto poche le indagini che hanno tentato di individuare, all'interno di uno spazio come il Risorgimento, connotato fortemente dall'immaginario maschile, la presenza dell’altra soggettività, quella femminile, che pure ha contribuito ad indicare, sostenere e realizzare il progetto indipendentista e unitario italiano".

"Il contesto della restaurazione post-napoleonica contribuì inizialmente a soffocare le istanze femminili che si erano sviluppate durante l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, ristabilendo un’organizzazione familiare di stampo patriarcale e delegando l’educazione delle donne alle oblate, donne che dopo aver ceduto i loro beni ai monasteri, vestivano l’abito senza prendere i voti, e che inevitabilmente perpetuavano una morale conservatrice. Nella prima metà dell’800 quindi le donne vivevano in una situazione di inferiorità e i loro sforzi per la patria erano ripagati solo con la protezione della quale gli uomini credevano che queste avessero bisogno. Le uniche donne che potevano avere una certa importanza erano quelle appartenenti all’élite politica e culturale che si distingueva per gesta eroiche, nelle arti o nelle scienze, mentre le altre erano relegate all’ambito familiare con un’istruzione mirata solo alla loro formazione come mogli e madri.
Ciò non impedì a molte donne di impegnarsi da subito nella lotta contro il dominio straniero. Ma il senso comune dei patrioti e la storiografia ufficiale, impregnati di pregiudizi, ne hanno spesso oscurato o marginalizzato il contributo politico e intellettuale" 
(Kila, il punto di vista delle donne)
Mi sembra dunque doveroso fare dei nomi di donne che hanno partecipato attivamente all'unificazione italiana.
Cristina Trivulzio Belgiojoso: Milano, 28 giugno 1808 – Milano, 5 luglio 1871) è stata una patriota italiana che guidò un contingente di duecento napoletani durante le Cinque Giornate di Milano. Fu editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista.







Anna Maria Mozzoni, nata a Rescaldina nel 1837 fu una pioniera di spicco del femminismo italiano. La donna e i suoi rapporti sociali, pubblicato nel 1864, è un’appassionata invocazione all’ingresso delle donne nelle strutture sociali. Leggere oggi le sue parole stupisce per la modernità di un programma concreto e articolato di riforme.

"La donna deve dunque protestare contro la sua attuale condizione, invocare una riforma, e chiedere:
I. Che le sia impartita un'istruzione nazionale con larghi programmi.
II. Che sia parificata agli altri cittadini nella maggiorità.
III. Che le sia concesso il diritto elettorale, e sia almeno elettorale, se non eleggibile.
IV. Che l'equilibrio sia ristabilito fra i coniugi.
V. Che la separazione dei beni del matrimonio sia diritto comune.
VI. Che l'adulterio ed il concubinato soggiacciano alle stesse prove legali ed alle stesse conseguenze.
VII. Che il marito non possa rappresentare la moglie in nessun atto legale, senza suo esplicito mandato.
VIII. Che siano soppressi i rapporti d'obbedienza e di protezione, siccome ingiusta l'una, illusoria l'altra.
IX. Che nel caso che la moglie non voglia seguire il marito, ella possa sottoporre le sue ragioni ad un consiglio di famiglia composto d'ambo i sessi.
X. Che il marito non possa alienare le proprie sostanze sia a tìtolo oneroso, sia gratuito, né obbligarle in nessun modo, senza consenso della moglie, e reciprocamente - Dacché il coniuge sciupatore dev'essere mantenuto dall'altro, è ben giusto che la controlleria sia reciproca.
XI. Che la madre sia contatrice, secondo lo vuole diritto naturale.
XII. Che il padre morendo elegga egli stesso un contutore, e la madre a sua volta elegga una contutrice ai suoi figli.
XIII. Che sia ammessa la ricerca della paternità, e soggiaccia alle prove legali, alle quali soggiace l'adulterio.
XIV. Che si faccia più severa la legge sulla seduzione, e protegga la donna fino ai venticinque anni.
XV. Che sia la donna ammessa alla tutela ed al consiglio di famiglia.
XVI. Che abbia la tutrice gli stessi diritti del tutore; e, dove v'abbia discordia, giudichi in prima istanza il consiglio di famiglia, quindi il tribunale pupillare.
XVII. Che siano aperte alla donna le professioni e gl'impieghi.
XVIII. Che possa la donna acquistare diritti di cittadinanza altrimenti che col matrimonio.
[...]
Ho già detto, ch'io credo dovere la donna apporre il suggello del suo genio sopra tutte le umane istituzioni, che fin qui non si possono che abusivamente chiamar tali, opera quali sono di una casta appartenente alla metà dell'uman genere; e non potrassi mai pensare altrimenti, finché la specie nostra, come tutte le altre, sarà composta di due termini.
[...]
Se le nazioni vogliono camminare alla libertà, è d'uopo, che non si trattengano in seno, terribile ingombro e potente avversario, un elemento impersuaso e malcontento così numeroso, qual è il femminile".


Clara Maffei (Bergamo, 13 marzo 1814 – Milano, 13 luglio 1886) è stata una patriota e letterata italiana. Nella Milano pre-unitaria il suo salotto si distingue fra tutti non «per il “lusso”, ma per i valori più profondi, per “l’armonia” di elevati intelletti, di forti caratteri, di cuori ardenti, devoti alla patria, al culto della letteratura dell’arte e dell’amicizia». La “conversazione” di casa Maffei si identifica per la diffusione da un lato della cultura e della socievolezza, dall’altro del sentimento patriottico, anti austriaco, che ha diffusione non solo nella capitale lombarda ma in tutto il paese. Dal salotto Maffei escono, infatti, «non pochi legislatori della nuova Italia».


domenica 23 ottobre 2011

Wangari Maathai: una vita per la ricerca, l’attivismo e l’ecofemminismo.


In occasione della sua recente scomparsa -26 Settembre 2011-, volevo dedicare un post ad una grande donna e pietra miliare dell’ecofemminismo: 
Wangari Maathai.
Appartenente all’etnia kikuyu è stata la prima donna africana a laurearsi nella storia. Fu insignita della laurea in Biologia al dipartimento di Zoologia nel 1966 presso l’Università di Pittsburgh. Ebbe la possibilità di coltivare le sue doti e il suo spiccato intelletto grazie al programma “Ponte aereo Kennedy” che offriva all’epoca una cospicua borsa di studio ai migliori studenti africani. L’istruzione le aprì le porte ad un “nuovo mondo” e le permise di conoscere , a differenze di altre giovani donne e uomini africani di ieri e di oggi, tutto quello che il mondo può offrire aldilà della morte, della povertà e dell’infelicità. Dieci anni dopo decise di iscriversi al Consiglio nazionale delle donne del Kenya, istituito come come “organizzazione ombrello” per coordinare le attività delle donne del Kenya, le organizzazioni non governative (ONG) e delle collettività locali (CBO)[un dato significativo è dato dalle presenza di oltre 150 organizzazioni femminili affiliate all'organizzazione]. Wangari assunse la presidenza del consiglio nel 1981 fino al 1987 anno in cui decise di ritirarsi.
In questo arco temporale grandi cambiamenti furono introdotti in Africa grazie alla sua figura: il “movimento della cintura verde” (Green Belt Movement), dal lei fondato nel 1977 come organizzazione non governativa, permise di piantare in Kenya oltre 40 milioni di alberi per combattere il fenomeno dell’erosione e della deforestazione,cause dell’impoverimento e dell’eliminazione totale di numerose piantagioni africane, fondamentale e primaria risorsa del territorio. Ma il movimento operò anche a livello sociale, impegnandosi a migliorare la qualità della vita delle donne del luogo, dimenticate dal mondo che si definisce civilizzato. I due campi d’azione del movimento ,che si è esteso anche in altre zone africane come la Tanzania, l’Uganda, il Malawi, il Lesotho, l’Etiopia e lo Zimbawe,sono strettamente connessi tra di loro: Wangari rappresenta l’anello di congiunzione tra le battaglie per i diritti civili e delle donne, la richiesta di nuovi posti di lavoro che vedono le donne in posizione di leadership nei contesti rurali e i diritti ambientali e la salvaguardia della diversità.
Inoltre, la sua tenacia la portò a candidarsi più volte alle elezioni per il parlamento keniota. Dopo molti ostacoli e difficoltà (più volte fu “oggetto” di violenza da parte degli uomini della politica locale che vedevano come elemento di disturbo il suo netto schieramento contro il progetto di cementificazione del parco di Uhuru a Nairobi) nel 2002 riuscì ad essere eletta come membro e nel 2003 divenne Ministro per l'Ambiente e le Risorse Naturali fino al 2005. Oltre a tutto quello che Wangari riuscì a fare per la sua terra, la sua figura irrompe nello scenario internazionale grazie al Premio Nobel per la Pace assegnatole nel 2004 che la designa come prima donna africana ad aver ricevuto tale onorificenza.
Questo giorno segna una vera e propria svolta fra le pagine della storia internazionale: le attuali insieme alle nuove generazione si ricorderanno di questa donna, destinata a rimanere incastrata all’interno di dinamiche decise in modo arbitrario dalle grandi potenze occidentali, troppo evolute per la gente del “sud” del mondo; eppure con la grande fiducia in se stessa e la sua determinazione è riuscita a dare luce e speranza alle donne e agli uomini africani. Attraverso la sua figura il suo popolo ha ri-affermato la propria dignità.
Tra le ultime “conquiste” di Wangari mi piace ricordare la partecipazione alla “Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali” tenutasi a Torino il 10 Febbraio 2006. In quell’occasione la keniota sfilò per la prima volta nella storia dei giochi olimpici con la bandiera olimpica, simbolo di tutte le nazioni del mondo, insieme ad altre sette celebri donne diverse per origine, cultura e impegno e scelte in rappresentanza di tutte le donne del mondo come simbolo di pace, tolleranza e dialogo tra i popoli (Sophia Loren, Isabel Allende, Nawal El Moutawakel, Susan Sarandon, Manuela Di Centa, Maria Mutola e Somaly Mam).




“Negli anni ho imparato che bisogna avere pazienza, persistenza, impegno. Quando piantiamo gli alberi, a volte ci dicono: "Questo non voglio piantarlo, perché impiega troppo tempo a crescere". Allora devo ricordare loro che gli alberi che stanno tagliando oggi non sono stati messi lì da loro, ma dai loro antenati. Perciò devono piantare alberi che saranno di beneficio per le comunità del futuro. Li porto a pensare che come un arboscello, con il sole, un buon suolo e pioggia abbondante, le radici del nostro futuro sprofonderanno nella terra e un manto di speranza raggiungerà il cielo.”
Wangari Maathai


[Foto di Wangari Maathai by Martin Rowe]

venerdì 21 ottobre 2011

Thea, la siciliana di 14 mila anni fa


Nei weekend di ottobre, la città di Palermo partecipa per la quinta edizione a“Le Vie dei tesori”, il Festival autunnale dell’Università che intende far conoscere a cittadini e turisti uno straordinario patrimonio di siti, e da questi prendere spunto per diffondere conoscenza  e curiosità intellettuale.
Così ho deciso di accompagnare il mio nipotino di 9 anni ad uno di questi eventi, ovvero al Museo Geologico Gemmellaro e devo dire che mio nipote non è stato l'unico ad essere rimasto entusiasta della visita.
Il museo nacque nel 1861, a opera di Gaetano Giorgio Gemmellaro, primo professore di Geologia e Mineralogia dell’Università di Palermo. Fu lui che in breve tempo lo trasformò in una delle istituzioni scientifiche più importanti d’Europa, raccogliendo fossili e rocce da molti Paesi. La visita, oggi, inizia con un’esposizione paleontologica dai più antichi fossili siciliani dell’era paleozoica (270 milioni di anni fa) fino ai più recenti fossili dell’era quaternaria.
Dopo essere saliti sulla "macchina del tempo" osservando resti di orsi, iene, buoi, bisonti, lupi, ippopotami elefanti e cervi ci imbattiamo nell'ultima sala dedicata all'evoluzione dell’uomo in Sicilia, con il prezioso scheletro di Thea, la prima donna di Sicilia, vissuta 14 mila anni fa.



Thea è il nome dato allo scheletro umano proveniente dalla grotta di san Teodoro nel territorio di Acquedolci, nel messinese, così soprannominato negli anni 80, quando in seguito a nuovi studi ne fu determinato il sesso.
Si tratta di una donna poiché possiede un bacino molto più largo rispetto a quelli che ritroviamo negli scheletri  maschili e questo fa pensare che probabilmente ebbe dei figli.
Era alta 1,65 tanti per una donna di quel tempo, e morì a circa 30 anni. Oggi si direbbe che era molto giovane ma il professore Valerio Agnesi assicura che per le aspettative di vita di quel tempo era anzi molto matura. "Questo - spiega - vuol dire che conduceva un sano e, per quanto possibile regolare, stile di vita". 
Infatti dello scheletro sono rimasti intatti i denti, cosa molto strana per una donna vissuta nel Paleolitico superiore (14.750 anni fa). Se poi pensiamo anche che a quei tempi di certo non si usavano le posate il cibo doveva essere strappato con i denti stessi, di conseguenza questo ha fatto pensare che Thea fosse il capo gruppo e quindi probabilmente era lei a gestire e organizzare i lavori dei compagni.
E' curioso e al tempo stesso divertente pensare che una donna vissuta 14 mila anni fa fosse più emancipata di donne del 2011.
Il suo gruppo non era molto numeroso: con il suo scheletro sono stati scoperti i resti incompleti di altri sei individui (quattro maschi e due femmine), oggi esposti in vari musei.
Nel 2007 l'antropologo Roberto Micciché e lo scultore Toni Rizzo hanno ricostruito il volto di Thea  con materiali simili a quelli usati nel cinema per gli effetti speciali.

  

“Thea – ha ribadito Valerio Agnesi, direttore del museo Gemmellaro -, è da sempre la nostra mascotte. Voglio precisare che siamo orgogliosi del lavoro svolto, perché con molta probabilità questa era il vero volto di Thea, fatta eccezione per le orecchie e il naso, parti molli di cui ovviamente non c’è traccia”
Thea è un ominide da sempre studiato, – ha dichiarato l’ideatrice – ma averle dato un volto ci ha permesso di restituire questa donna preistorica alla realtà dei nostri giorni. Siamo abituati a vedere reperti ossei nei musei, ma ora che Thea ha anche una faccia è come se si ricordasse che lei ha avuto un suo vissuto fatto di sogni e paure”. Carolina Di Patti





martedì 11 ottobre 2011

Tre premi nobel al femminile

Le donne che hanno vinto il premio Nobel non sono tante quanto gli uomini, tuttavia "pesano", "brillano" perché emergere in un contesto maschile e maschilista non sarà stato facile, soprattutto in passato.
Ecco perché vale la pena ricordare che il Nobel per la Pace 2011 è stato assegnato venerdì 7 ottobre a tre donne africane: Ellen Johnson-Sirleaf (presidente della Liberia, prima donna a rivestire questo incarico nel continente africano), Leymah Gbowee (avvocatessa liberiana),  Tawakkul Karman (attivista yemenita).




Ellen Johnson-Sirleaf, arrivata al potere nel 2005, si  è impegnata nella ricostruzione del suo Paese devastato da 14 anni di guerra civile che ha fatto 250.000 morti.
Leymah Gbowee, è una militante pacifista e nonviolenta che ha contribuito a mettere fine alle guerre civili che hanno dilaniato il suo paese.Tawakkul Karman, è una delle protagoniste della protesta femminile contro il regime del suo Paese, lotta per la trasparenza dell'informazione, ed è la fondatrice dell'associazione "Giornaliste senza catene", nel gennaio di quest’anno era stata arrestata dalle autorità yemenite per i suoi continui proclami antiregime e la sua battaglia per il riconoscimento dei diritti umani. La polizia è stata alla fine costretta a rilasciarla sotto la pressione delle manifestazioni in suo sostegno, che hanno portato in strada migliaia di persone.


Il premio Nobel, da sempre, ci ricorda che ci sono, e si spera ci saranno sempre, donne e uomini che non smettono di arrendersi, e che dedicano la loro vita alla battaglia per il riconoscimento dei diritti di tutti, una battaglia non violenta, consapevole di potere raggiungere degli obiettivi anche senza l'uso di armi.
"Per la loro lotta non violenta a favore della sicurezza delle donne e dei loro diritti verso una partecipazione piena al processo di costruzione della pace", recita la motivazione del premio.
Inoltre, non bisogna sottovalutare il fatto che il premio Nobel sia stato dato a 3 donne.
Questo dovrebbe farci riflettere su quanto sia importante la presenza della donna nella lotta per la pace, quanto sia necessaria la sua inclusione nella risoluzione dei conflitti.
Solo gli uomini sono in grado di decidere per la pace? Queste donne e tante altre, che nella quotidianità si spendono generosamente e spesso gratuitamente per costruire una società che ponga al centro la persona con i suoi inalienabili diritti umani, mostrano il contrario.
E' necessario che tutti sappiano che una vera democrazia e una vera pace non potrà mai essere raggiunta fin quando noi donne non godremo degli stessi diritti dell'uomo.


"La storia delle donne si è costruita sui destini di eroine senza eguali. Come se, per ogni nuova generazione, bisognasse che le donne si costituissero una memoria nuova, che rinnovassero un filo continuamente cancellato.
La Storia ha tutto da guadagnare a tenere conto della sua parte femminile."
Georges Duby-Michelle Perrot
Storia delle donne: il Medioevo


mercoledì 5 ottobre 2011

Salviamo Wikipedia e la nostra libertà di parola!

Il diritto alla libertà di parola significa che un uomo ha il diritto a esprimere le proprie idee senza temere il pericolo della soppressione, dell'interferenza o di azioni punitive da parte dello Stato...
(Ayn Rand)

La libertà di parola senza la libertà di diffusione è solo un pesce dorato in una vaschetta sferica. 
(Ezra Pound)


E' giusto continuare a fare finta di niente? Fingere che vada tutto bene?
Viviamo in un paese democratico, che democratico non è!
Mi domando, senza trovare risposta, cosa stiamo facendo?
Non stiamo difendendo la nostra dignità e la nostra cultura.
Accettiamo che chi sta al potere ci umili, facendoci diventare la barzelletta di tutto il mondo. 
Consideriamo più scaltri coloro che vanno a puttane, e le ragazze che scoprono le loro generose forme al posto di scoprire il cervello.
Stiamo permettendo che uno dei pilastri fondamentali della democrazia venga meno: la libertà di parola.
Stanno riuscendo a mettere un bavaglio anche all'unico mezzo di comunicazione veramente libero, cioè internet.
Ma l'Italia non è solo questa, l'Italia è anche rappresentata da persone, uomini e donne, che ancora credono nei propri diritti ecco perché voglio mostrare la mia solidarietà nei confronti della protesta di wikipedia.
L'informazione è già ampiamente monopolizzata, dobbiamo difendere l'unico territorio rimasto dove l'informazione è libera, dobbiamo difendere internet!
Io voglio ancora avere il diritto di esprimere le mie idee, di scrivere su questo blog e di potere contare ancora su una pagina importante e neutrale come wikipedia..voi?




Art. 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure




martedì 4 ottobre 2011

Sinonimi e contrari di "donna" e "uomo" nei dizionari





Donna
Sinonimi: Debole, fiacco, molle, snervato, muliebre, dolce, tenero, delicato, fragile, grazioso, aggraziato, armonioso
Contrari: Possente, prestante, aitante, maschile, forte, maschio.

Uomo:
Sinonimi: Forte, energico, vigoroso, mascolino
Contrari: Femminino, debole, femminile, da donna

In vocabolari più antichi si trova anche questo:
donna: femmina (dell’uomo), figlia d’Eva, matrona, bimbetta, zitellona, maritata, vedova, figlia, madre, nonna, ava, donnaccia, bagascia, prostituta, contadina, serva, donna di servizio, strega. 

Ho riportato queste definizioni trovate in diversi dizionari per mostrare come anche questi, che dovrebbero dare delle definizioni oggettive, cadono invece nel tranello del linguaggio sessista e stereotipato.
Chi ha detto che la donna è necessariamente fragile, debole e invece un uomo è il contrario?
Se l'uomo si emoziona è una femminuccia, se l'uomo è più fine e delicato o è frocio (come se essere gay significasse necessariamente non riconoscersi come uomo) o è effeminato..Perché? Semplicemente perché non rispecchia il prototipo maschile di macho in calore, forte (come se piangere significasse essere debole), rude, virile, tenebroso e..insomma esattamente come la nostra società vuole che il maschio sia.

La virilità è dominio, violenza, sopraffazione, che si esprime contro donne e omosessuali, poiché ritenuti esseri passivi, come se essere passivi fosse una cosa negativa, un invito all’aggressione.
Come ogni cosa, tutto questo non è un problema naturale, quanto culturale.
Come tutto anche la lingua è il prodotto della cultura di un popolo e tutti noi, non possiamo negarlo, usiamo parole, espressioni e forme grammaticali che magari sono contro le nostre convinzioni, esattamente come i pregiudizi sulla donna sono radicati inconsciamente nel nostro pensiero e modo di vivere.
Dovremmo riflettere di più su queste problematiche che in prima analisi possono sembrare banali, ma che invece hanno un forte impatto persuasivo, tanto che hanno convinto l'uomo della sua superiorità e forza non solo fisica ma anche caratteriale, e la donna invece, non solo viene vista, ma in alcuni casi si sente un fiorellino da dovere proteggere!
Riflettiamoci, quante donne, ragazze sono ancora così dipendente dall'uomo, non fanno un passo senza un accompagnatore. Ma l'uomo non è necessariamente un eroe, e la donna non è necessariamente qualcosa da salvare.
I giovani sono invitati a pensare il maschile riferendosi a Rambo, Superman e mai a Gandhi o Harvey Milk. Credo molto nell’importanza dell’insegnamento e dell’educazione e molti pregiudizi sull’essere uomo, sull’essere donna possono essere superati solo grazie ad un intervento formativo. Bisogna proporre modelli di maschilità e femminilità diversificati, permettendone così uno sviluppo armonico.