mercoledì 28 dicembre 2011

Anche Donne Artiste!

Pochi i nomi indicati nei manuali di storia dell'arte e se sono presenti sono messi "a parte", in secondo piano; pochi i nomi conosciuti dal grande pubblico; pochi i nomi delle grandi artiste che nel corso dei secoli sono state molte, rilevanti, anche se per lo più dimenticate: per non parlarne, per dimostrare che non c'erano o se c'erano erano di certo meno competenti dei loro colleghi uomini.
Ma vogliamo davvero credere che non ci siano state donne artiste che non avevano nulla da invidiare a Monet, Manet, Michelangelo, Donatello, Picasso o Giotto? Erano meno brave perché donne e non uomini, oppure la società ha sempre trovato il modo di spingerle ai margini, all'invisibilità, cercando di bloccare ad ogni modo la loro creatività?
Lo ammetto, non sono una grande studiosa di storia dell'arte, ma basta avere un minimo di pazienza e la voglia di cercare per renderci conto del fantastico universo femminile che per troppo tempo è stato nascosto o a cui non è stato dato sufficiente importanza.
Chiaramente in un unico post non posso dare merito a tutte le donne che si sono imposte in un contesto artistico di esclusivo appannaggio maschile, ma ciò non toglie che chiunque voglia può continuare la lista infinita di nomi di donne che meritano di essere ricordate o quantomeno conosciute.
Posso cominciare da Artemisia Gentileschi, protagonista del Seicento Europeo.
Figlia del pittore Orazio Gentileschi sin da bambina coltiva la passione per la pittura. Lo stesso padre la incoraggia nella sua scelta, trasmettendole il suo profondo interesse per il Caravaggio, riconoscendo le sue doti eccezionali. Fu la prima donna ad essere ammessa all'Accademia del disegno, questo rappresentò una grande novità poiché le donne potevano dipingere solo in casa "cose piccole come ritrattini e piante e fiori, non erano ammesse nelle accademie poiché non potevano uscire sole".
Tuttavia Artemisia viene ricordata più per il processo per stupro intentato al collega del padre Agostino Tassi che per i suoi evidenti meriti pittorici, anche se la vicenda ha aumentato il fascino del suo personaggio.
Il padre denunciò il Tassi che dopo la violenza, non aveva potuto "rimediare" con un matrimonio riparatore. Il problema è che il pittore era già sposato e nel frattempo manteneva anche una relazione incestuosa con la sorella della moglie. È da sottolineare il fatto che Artemisia accettò di deporre le accuse sotto tortura, che consistette nello schiacciamento dei pollici.
Da quel momento in poi la sua vita è caratterizzata da continui spostamenti.
Una della sue opere più importanti è "Giuditta che decapita Oloferne": lo pensa e lo disegna alla maniera del Caravaggio mostrando la rabbia e l'odio che voleva dimostrare al Tassi, impressionante per la violenza delle due eroine che reggono e ammazzano Oloferne.



A Napoli, per la prima volta, Artemisia si trovò a dipingere tele per una cattedrale, quelle dedicate alla Vita di San Gennaro a Pozzuoli. Nel 1638 Artemisia raggiunse il padre a Londra, presso la corte di Carlo I, dove Orazio era diventato pittore di corte e aveva ricevuto l'incarico della decorazione di un soffitto nella Casa delle Delizie della regina Enrichetta Maria a Greenwich. Dopo tanto tempo padre e figlia si ritrovarono legati da un rapporto di collaborazione artistica. Artemisia morì nel 1653, divenendo simbolo del desiderio di ribellarsi al potere maschile, conquistando la libertà dell'essere e della donna pittrice.


Prima scultrice in Europa, di Properzia de' Rossi sono incerti sia la data che il luogo di nascita, presumibilmente Bologna.
E' documentata la sua partecipazione fra il 1525 e il 1526 ai lavori nel cantiere della Basilica di San Petronio di Bologna a fianco di artisti famosi. L'eccezionale presenza di una donna che mette le «tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche, e fra la ruvidezza de' marmi e l'asprezza del ferro» desta la stupita ammirazione di Giorgio Vasari che le dedica nelle "Vite" un ritratto leggendario, riservandole un entusiastico elogio anche per il suo virtuosismo come intagliatrice di noccioli di frutta. Giunge infatti alle opere di grandi dimensioni e di marmo grazie alla fama procuratale dai lavori ad intaglio su superfici infinitesime.
Narra Vasari che, al termine dell'incoronazione di Carlo V (24 febbraio 1530), papa Clemente VII chiese di incontrare la scultrice, ma ebbe in risposta una spiacevole notizia: Properzia era morta di peste durante quella stessa settimana nell'ospedale di San Giobbe.


Nata a Bourges il 14 gennaio 1841, da famiglia borghese, Berthe Morisot fu la prima donna ad unirsi alla cerchia degli Impressionisti sebbene venga ricordata più come la modella di Manet.
Nel 1857, con le due sorelle, segue i primi corsi di disegno nell'atelier di un certo Chocarne e poi in quello più qualificato di Joseph Guichard. Tuttavia Berthe sogna di dipingere paesaggi e di abbandonare la pittura di atelier e gli accademismi della tradizione. Infatti dopo l'incontro con Corot fu stimolata a dipingere en plein air, e non nello studio, come voleva il suo maestro, Guichard. Successivamente conobbe poi Manet, Renoir e Monet, con i quali strinse un'amicizia profonda e duratura, che influì anche sugli sviluppi successivi della sua arte. Berthe Morisot partecipò a sette mostre impressioniste su otto e la sua casa fu luogo d'incontro preferito dei pittori impressionisti e di molti scrittori.
I suoi acquarelli sono accurati quanto le tele a olio e la sua produzione comprende disegni a pastello, incisioni a puntasecca e litografie e nonostante sia stata messa in ombra dai colleghi più celebri, gode di una grande fama. Seppe mirabilmente conciliare l'attività di pittrice con i suoi doveri famigliari. Bambini, interni domestici, scene all'aperto sono i temi preferiti dei suoi quadri. Nel 1895 muore a Parigi.





sabato 24 dicembre 2011

Auguri di buone feste

Oggi è la vigilia di Natale e sento di fare gli auguri a tutti: uomini, bambini/e, credenti e non credenti, ma soprattutto il mio augurio di buon Natale e in particolar modo di buon anno è rivolto a tutte le donne.
A tutte le donne tenaci, che continuano a lottare per far diventar il mondo un mondo anche per donne.
A tutte le donne che continuano a guardare lontano e con i loro gesti quotidiani cercano di realizzare una maggiore libertà e pienezza femminile;
Auguri alle donne che stanno per diventare mamme;
Auguri a tutte le donne lavoratrici che sgomitano in un mondo di maschi;
Auguri alle donne che non si sottomettono al sistema ma continuano ad essere sia lavoratrici che madri;
Auguri alle donne che non vogliono essere un oggetto appagante per i sensi maschili, ma che riconoscono la propria dignità e competenze;
Auguri alle donne che si impegnano per cambiare la nostra società;
Auguri a tutte le donne vittime di violenza in Italia e nel mondo, per far sapere loro che non sono sole.
Auguri a tutte le donne che ancora non hanno aperto gli occhi e continuano a trattare se stesse come oggetto, credendo che il loro apparire sia l'unica cosa che conta.
Auguri a tutte le lettrici e lettori di questo blog, con la speranza che aumentiate sempre più con l'arrivo dell'anno nuovo.

Vi lascio con le parole di Lorella Zanardo:
"La critica, mi sono resa conto, è utile ed efficace solo quando viene esercitata al termine di un' esperienza vissuta in totale apertura e in assenza di pregiudizi. Solo allora è possibile verificare quanto corrisponda al proprio sentire e fino a che punto può/deve indurci a mettere in discussione noi stessi. Contemporaneamente, la consapevolezza profonda le che nostre azioni possono incidere sulla realtà ci fa sentire il senso della nostra potenza e, insieme, il peso della nostra responsabilità.
Lavorare in gruppo, costruire alleanze, oltre a permetterci di verificare la validità delle nostre intuizioni, ci consente di stemperare il peso della responsabilità. Ma le alleanze devono essere fondate su sensibilità comuni."

lunedì 12 dicembre 2011

Felicia Impastato


Felicia Impastato è stata una attivista italiana, famosa per essere stata la madre di Peppino Impastato e per aver combattuto per arrestare i responsabili della morte del figlio.
Peppino, per chi non lo conoscesse, è stato un politico, attivista e conduttore radiofonico italiano (Radio Aut), famoso per le denunce delle attività della mafia in Sicilia, che gli costarono la vita. Fu, infatti, ucciso nel 1978 su ordine del boss Tano Badalamenti.

Felicia nel 1947 sposa Luigi Impastato, di una famiglia di piccoli allevatori legati alla mafia del paese.
Il cognato di Luigi, Cesare Manzella, marito della sorella, era il capomafia del paese e muore nel 1963 a causa dell’esplosione di un’auto imbottita di tritolo
L’affiatamento con il marito dura molto poco. Lei stessa afferma: «Appena mi sono sposata ci fu l’inferno. Attaccava lite per tutto e non si doveva mai sapere quello che faceva, dove andava. Io gli dicevo: ‘Stai attento, perché gente dentro (casa) non ne voglio. Se mi porti qualcuno dentro, che so, un mafioso, un latitante, io me ne vado da mia madre». Felicia non sopporta l’amicizia del marito con Gaetano Badalamenti, diventato capomafia di Cinisi dopo la morte di Manzella. Il contrasto con il marito si acuirà quando Peppino inizierà la sua attività politica.
Felicia comincerà a difendere il figlio che intanto denuncia potenti locali e mafiosi e rompe con il padre. Dopo la morte di quest'ultimo, che può definirsi un omicidio camuffato, Felicia comincia sempre più a temere per la vita del figlio la cui attività politica diventa sempre più intensa.
La mattina del 9 maggio 1978 viene trovato il corpo sbriciolato di Peppino.
La madre rompe il silenzio mafioso quando vogliono far passare l'idea che il figlio si è suicidato o che fosse un terrorista. E' così che decide di costituirsi parte civile nel processo, dichiarando sempre di volere, per suo figlio, giustizia e non vendetta.
In seguito, grazie al film "I cento passi" diretto da Marco Tullio Giordana nel 2000, film che ha fatto conoscere Peppino al grande pubblico, la sua casa a Cinisi si riempie sempre di più di tanti, giovani e meno giovani, che desideravano incontrare Felicia, rendendola felice e facendole dimenticare i tanti anni in cui a trovarla andavano in pochi e a starle vicino erano pochissimi. E ai giovani diceva: «Tenete alta la testa e la schiena dritta».
Badalamenti è stato condannato nel 2002 all'ergastolo come mandante dell'omicidio di Giuseppe Impastato, come pure è stato condannato il suo vice.

La storia di Felicia Impastato è sicuramente un esempio di coraggio e forza, con lei morta il 7 Dicembre del 2004 se n'è andato uno dei simboli più veri della lotta contro la mafia. La forza di una mamma che ha combattuto la mafia con l'arma della giustizia, senza mai cadere nella stupidità della vendetta mafiosa; una donna che ha messo al mondo dei figli eccezionali mostrando come la Sicilia non è solo "terra di mafia" ma anche la culla di persone fiere e oneste che danno la loro vita per la giustizia e la legalità. Niente potrà mai scalfire il suo ricordo, il ricordo di Peppino, Rita Atria, i giudici Falcone e Borsellino e tantissimi altri ancora, che hanno reso questa terra una terra degna di essere vissuta.

Voglio riportare questa poesia, da me conosciuta grazie ad un'amica, di Umberto Santino.
La poesia s'intitola "LA MATRI DI PIPPINU" ed è scritta in siciliano:


Chistu unn'è me figghiu.
Chisti unn' su li so manu.
Chista unn'è la so facci.
Sti quattro pizzudda di carni un li fici iu.
Me figghiu era la vuci chi grirava 'nta chiazza
era lu rasolu ammulatu di li so paroli
era la rabbia
era l'amuri
chi vulia nasciri
chi vulia crisciri.
Chistu era me figghiu quannu era vivu,
quannu luttava cu tutti:
mafiusi, fascisti, omini di panza
ca un vannu mancu un suordu
patri senza figghi
lupi senza pietà.
Parru cu iddu vivu
un sacciu parrari cu li morti.
L'aspettu iornu e notti,
ora si grapi la morta,
trasi, m'abbrazza,
lu chiamu, è nna so stanza chi sturia,
ora nesci, ora torna,
la facci niura comu la notti,
ma si riri è lu suli chi spunta pi la prima vota,
lu suli picciriddu.
Chistu unn'è me figghiu,
stu tabbutu chinu di pizzudda di carni
unn'è Pippinu.
Cca rintra ci sunnu tutti li figghi
chi un puottiru naciri di n'autra Sicilia.

Traduzione:
Questo non è mio figlio. Queste non sono le sue mani, questo non è il suo volto, questi brandelli di carne non li ho fatti io. Mio figlio era la voce che gridava nella piazza, era il rasoio affilato dalle sue parole, era la rabbia, era l'amore che voleva nascere, che voleva crescere. Questo era mio figlio quando era vivo, quando lottava contro tutti, mafiosi, fascisti, uomini d'onore, che non valgono neppure un soldo, padri senza figli, lupi senza pietà. Parlo con lui da vivo, non so parlare con i morti. L'aspetto giorno e notte, ora si apre la porta, entra, mi abbraccia, lo chiamo, è nella sua stanza a studiare, ora esce, ora torna, il viso nero come la notte, ma se ride è il sole che spunta per la prima volta, il sole bambino. Questo non è mio figlio, questa bara piena di brandelli di carne non è Peppino: qui dentro ci sono tutti i figli non nati di un'altra Sicilia.




venerdì 2 dicembre 2011

Ecco il nuovo anticoncezionale: I Libri!

Non volevo credere ai miei occhi quando ho letto l'articolo pubblicato da Camillo Langone su Libero. Leggevo e rileggevo sperando fosse solo uno scherzo, ma ahimè non è così.
Udite, udite, è stato scoperto un nuovo contraccettivo: i libri!
Secondo il giornalista studi recenti denunciano "lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico". Di qui la conclusione: "Se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà". Attenzione però, questo lo dicono le statistiche, non lui, quindi non prendiamocela con il povero giornalista che compie solo il suo mestiere di informatore.
Si tratta di un attacco al mondo femminile che non può non produrre l'ira delle donne e non solo.
E' triste leggere un articolo del genere dopo decenni di lotte che la donna ha dovuto affrontare per potere accedere all'istruzione, per conservare il diritto di essere madre ma nello stesso tempo di realizzarsi professionalmente. La soluzione trovata è quella di impedire loro di entrare nelle biblioteche, in fin dei conti la donna è solo un ventre da violare, un oggetto utile per la procreazione, a chi importa se abbiamo sogni, desideri, attitudini e potenzialità.
Inviterei il signor Langone e coloro che hanno condotto gli studi dal giornalista riportati, a riflettere sul fatto che il nostro paese non dà alla donna la possibilità di realizzarsi sia professionalmente che come genitore.
Se prima eravamo destinate al concepimento, perché era l'unica mansione a noi affidata, adesso dobbiamo fare una scelta, o la carriera o essere madre. Al posto di trovare soluzioni così offensive e arcaiche preoccupiamoci invece di rendere l'Italia un paese anche per donne, donne non discriminate sul lavoro perché incinte. Apriamo nidi aziendali, aumentiamo gli asili nidi. Non siamo state create solo per la riproduzione, non dobbiamo dimenticare i sacrifici che le donne prima di noi hanno affrontato per ottenere uguali opportunità di accesso all'istruzione e non dobbiamo dimenticare tutte quelle donne che ancora oggi lottano, in svariati paesi, per ottenere questo diritto su cui ha tanto ironizzato il nostro giornalista di Libero.


" Le donne non dovrebbero essere illuminate o educate in nessun modo. Dovrebbreo in realtà essere segregate, poichè sono loro la causa di orrende ed involontarie erezioni di uomini santi"
Sant' Agostino