mercoledì 18 gennaio 2012

Due Poetesse Siciliane Del Secolo XIX



Sono siciliana e fiera di esserlo. La mia terra viene spesso ricordata per quell'ombra che ci portiamo da troppo tempo dietro che si chiama Cosa Nostra, ma la Sicilia è molto di più, è storia, arte, sole, mare, riserve naturali, magnifico cibo, cultura e tradizioni; e ha dei colori, degli odori così unici che raramente li ho ritrovati in altri luoghi. Inoltre la Sicilia è, dopo la Lombardia, la Toscana e la Campania, la regione italiana sede del maggior numero di patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Purtroppo fuori la Sicilia si sono spesso alimentati cliché derivati dagli stereotipi hollywoodiani sul genere de Il padrino che ritraggono la Sicilia come un paese dominato quotidianamente dalla violenza. Non solo sono stati dati per scontati gli stereotipi cinematografici, ma facili generalizzazioni estese all'etnia siciliana, quasi come se tutti i siciliani fossero mafiosi.
La Sicilia è ricca di personalità che dovrebbero fungere da modello di vita per tutto il mondo, come i giudici Falcone e Borsellino, Peppino Impastato e tantissimi altri ancora. Senza dimenticare che la produzione letteraria è stata molto viva nel corso dei secoli, inizialmente grazie alla corte di Federico II con la sua scuola siciliana. Il Siciliano ha trovato alti esempi letterari grazie a grandi poeti e scrittori quali Ignazio Buttitta,  Andrea Camilleri, Luigi Pirandello, Giovanni Verga Leonardo Sciascia, Salvatore Quasimodo. Ricordiamo anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa, famoso per il suo romanzo storico Il Gattopardo. E poi, come sempre, indagando e cercando si trova anche qualche forte personalità femminile che riesce a sorprenderci. Scivolano fuori dalle caselle stereotipate in cui per pigrizia le rinchiudiamo, nella speranza che qualcuno racconti la loro storia.
Si tratta di due poetesse siciliane del secolo XIX e io voglio ricordare la loro vita.


Mariannina Coffa Caruso
Mariannina Coffa Caruso, detta "la capinera di Noto", poetessa, nata a Noto (Siracusa) nel 1841 e morta a 36 anni, fu una bambina sensitiva e precocemente ispirata che il padre, noto avvocato e patriota, impegnato nella rivoluzione del 1848, si compiaceva di fare esibire nei salotti e nelle accademie con le sue poesie improvvisate su temi dettati estemporaneamente. Dopo qualche anno di collegio in cui imparò versificazione e un po’ di francese, le fu messo accanto come precettore un canonico zelante allo scopo di istruirla e disciplinare insieme gli slanci del carattere e dell’estro. Dopo un breve fidanzamento ufficiale con il bell’Ascenso, la famiglia le impose di sposare, a 18 anni, un ricco proprietario terriero di Ragusa, tal Giorgio Morana, che la recluderà nella casa del padre, un vecchio e rozzo despota, il quale le impedirà persino di scrivere, ritenendo che "lo scrivere rende le donne disoneste" ("Lettera di Mariannina ad Ascenso", Ragusa 17-I-1870). Sarà perciò costretta a scrivere le sue poesie di notte, nella sua camera da letto, alla flebile luce di una candela. Intanto, tra gravidanze e cura dei figli e della casa, intreccerà una relazione epistolare con l’orgoglioso fidanzato di un tempo, che non le perdonerà mai, però, la supina resa al volere dei genitori, e sarà costretta a vivere una vita sdoppiata, iscrivendosi nascostamente ad associazioni ed accademie italiane e straniere e pubblicando per riviste nazionali. L’amicizia con un dotto medico siciliano, Giuseppe Migneco, omeopata e magnetista, famoso per le efficaci cure prestate in occasione delle epidemie di colera,la introdurrà ai metodi del sonnambulismo e agli arcani del magnetismo animale o messmerismo, sistemi anatemizzati dal Papa e coltivati all’interno di élites massoniche democratiche. Saranno questi i sistemi, prodromi della successiva matura Psicanalisi, coi quali la poetessa cercherà di curare le malattie e i disagi del suo corpo e della sua psiche. Ne nascerà l’ultima straordinaria, purtroppo breve, stagione poetica, fitta di riferimenti simbolici al "gran concetto" e improntata alla "protesta metafisica", dopo la prima giovanile poesia patriottica di maniera e l’intermedia fase intimista. Prostrata dalle emorragie, abbandonerà la casa ragusana del suocero rifugiandosi a Noto, nella casa dei genitori, che non esiteranno a cacciarla via perché non ricada su di loro il disonore della separazione dal marito e dai figli, e finirà i suoi giorni tra la fame e gli stenti, assistita da un anziano medico omeopata: nessun familiare vorrà pagare le prestazioni di un chirurgo catanese il cui intervento avrebbe potuto probabilmente salvarle la vita. Ai solenni funerali a carico del Comune, che proclamò il lutto cittadino, nessuno della famiglia seguì il feretro, ma una folla di autorità e gente comune accorse a rendere omaggio alla "Saffo netina" che sfilava per l’ultima volta accompagnata dalle insegne solenni della Loggia Elorina.

Giuseppina Turrisi Colonna
Giuseppina Turrisi Colonna è una poetessa dalla vita breve. Nata a Palermo nel 1822, muore di parto nel ´48: è una ragazza di ottima famiglia, educata a sviluppare i suoi talenti. Proprio questa è la sua prima originalità, Giuseppina e la sorella Annetta vengono cresciute per partecipare al mondo ed esserne protagoniste. È una poesia postuma, pubblicata per la prima volta nel 1878 e intitolata "Alla madre", a lasciarci intravedere quel privilegiato sentimento della maternità in cui Emilia Colonna ha educato le sue figlie, gli ideali che ha loro trasmesso: l´amore, l´arte e la patria per Giuseppina e Annetta sono pane quotidiano.Sono entrambe allieve di Giuseppe Borghi, arrivato a Palermo mentre le dispute fra romantici e classicisti erano particolarmente accese e che grande successo ottiene con le sue lezioni sulla Divina Commedia. Su sollecitazione di Borghi, che ha portato la moda dei manzoniani "Inni sacri", Giuseppina compone anche lei alcuni Inni. Ha solo 14 anni e però già scalpita, i suoi "Inni" sono lontani dalla cristiana rassegnazione che in genere trasmettono: scrive di Giuditta liberatrice del suo popolo e si esalta nel rievocarne le imprese, sotto le apparenze del componimento di genere la sua è già poesia civile. All´inizio è solo una ragazzina ben educata, ma ci mette poco a mostrare vero talento e sviluppare una "poesia eroica" che al maestro è del tutto estranea. Così, rifiuta di tradurre Anacreonte perché troppo delicato: preferisce i tormenti di Byron, il suo coniugare assieme poesia e vita da immolare sull´altare della libertà. Nel 1841, a soli 19 anni, Giuseppina Turrisi Colonna pubblica il suo primo volumetto di poesie. Per lontanamente immaginare lo stato d´animo della nostra giovanissima poetessa, dobbiamo considerare un elemento che con la poesia c´entra ben poco e ricordare che nel 1837 il colera aveva provocato migliaia di vittime in tutta la Sicilia, soprattutto a Palermo. Un panorama di desolazione circonda i sopravvissuti, al punto che ricordare il tempo degli antichi eroi non è solo un gioco letterario. È quasi un rimedio, serve a ritrovare la speranza. Giuseppina indica dei modelli, vuole scuotere le coscienze e scrive di Aldruda, che nel 1174 ha guidato gli anconetani suoi concittadini alla liberazione contro tedeschi e veneziani. Scrive di Giovanna d´Arco e sogna di imitarla, di svegliare le "sicane menti". Nel 1843, da Parigi le chiedono un componimento da inserire nel "Parnaso italiano dei poeti contemporanei". È un prestigioso riconoscimento, scrive un´ode "Alle donne siciliane" dove la "caduta funesta" della Sicilia che ha smarrito la via della grandezza e perduto ogni splendore si risolve in un appello alle donne "L´ardire dei Sicani si rifonda in noi" e "Sorgete o care, e nella patria stanza / per voi torni l´ardire e la speranza". Solo le donne possono e devono risollevare le sorti della patria, «Né trastullo né servo il nostro sesso»: l´educazione dei figli è per Giuseppina un altissimo compito, coincidendo con la formazione dei futuri cittadini. Così, la "somma virtù" delle donne molto più di quella degli uomini è necessaria a una patria che ha bisogno di nuova linfa per i suoi figli. E questa tensione, la continua «ambizione per il trionfo del suo sesso» - come scrive Francesco Guardione che fu il suo unico biografo - è qualcosa di veramente nuovo nella società siciliana. Nel mondo di Giuseppina Turrisi Colonna anche la femminilità è eroica, lontana da ogni civetteria.Giuseppina scrive articoli sul polemico giornale palermitano "La ruota" e nel 1846 trascorre l´estate a Firenze, dove con Le Monnier pubblica un secondo volume di poesie lodate dai critici. È fra i primi a superare il soffocante concetto di "patria siciliana" e continua a rivolgersi alle donne, da cui attende un risorgimento morale perché diventi possibile quello politico. E sogna un´Italia unita, senza per questo nemmeno per un momento credere in papa Pio IX perché l´Italia non può rinascere «nelle tenebrose sale del Vaticano».Nel 1848 muoiono entrambe, a tre giorni di distanza l´una dall´altra: Annetta di tisi, Giuseppina nel parto del suo primo figlio.

Mariannina Coffa Caruso



Giuseppina Turrisi Colonna

2 commenti:

  1. Grazie di aver ricordato la Coffa, protagonista del mio romanzo, e la Turrisi Colonna.
    Perché le donne del Risorgimento non hanno solo cucito bandiere e coccarde ma hanno costruito l'Italia con la poesia, l'arte, la cultura, la partecipazione attiva ai moti.
    Maria Lucia Riccioli

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  2. Un bel post, ricordare la Poesia sicilia femminile ricorda a tutti la presenza significativa della donna nella Storia della poesia.grazie

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