sabato 29 settembre 2012

Francia, il femminismo “pro-sesso, pro-porno, pro-puttane” di Morgane Merteuil

Sono rimasta piacevolmente colpita dalla testimonianza, riportata in un articolo su "Il Fatto Quotidiano", della giovane francese Morgane Merteuil, 25 anni, sex worker. Morgane Merteuil è segretario di Strass (il sindacato francese del lavoro sessuale, Syndicat du travail sexuel) e vive con gioia la scelta della propria professione. Afferma che “prostituirsi può essere un modo di riappropriarsi del proprio corpo e della propria sessualità”. La donna è autrice del libro “Libérez le féminisme!“ nel quale confessa di sentirsi discriminata dalle femministe le quali propongono un modello di emancipazione univoco e dogmatico. 
Ammetto di non essere d'accordo su tutto ciò che dice, in quanto ritengo che ci si siano altre modalità per riappropriarsi del proprio corpo e della propria sessualità senza necessariamente metterli in vendita. Finché è una sua SCELTA è giusto rispettarla, tuttavia non dobbiamo MAI dimenticare che la prostituzione per la stra-grande maggioranza dei casi è solo ed esclusivamente sfruttamento e questo non deve essere messo in dubbio.
Nonostante ciò è un pensiero affascinante in quanto diverso, una nota stonata che porta a riflettere: per cosa combattiamo realmente? cosa intendiamo per emancipazione? quali sono i nostri limiti? 
Riporto qui di seguito l'articolo integrale. A voi le dovute riflessioni!



"Di cognome fa Merteuil, in onore alla Marchesa delle “Relazioni pericolose”, libertina e abile manovratrice dei suoi amanti. Di nome Morgane. La professione, scrive sul suo account Twitter, è quella di puttana, attivista, femminista, segretario del sindacato del lavoro sessuale, lo Strass fondato in Francia nel 2009. 25 anni, Morgane ha cominciato a lavorare come prostituta a 22. La sua è stata una scelta, lo ripete più volte nel corso dell’intervista: ha abbandonato il lavoro da cameriera –pagato male – e ha deciso di mettersi in proprio prostituendosi su Internet. Ora si dedica completamente al lavoro dello Strass e ha scritto un pamphlet “Libérez le féminisme!” uscito in Francia la settimana scorsa. La Merteuil prende di mira le associazioni femministe francesi, in particolar modo una, la storica “Ni putes ne soumises” (né puttane né sottomesse) la cui colpa – spiega – è quella di imporre da decenni “un’unica e sola immagine della donne, mainstream e borghese”.

Partiamo dal libro. Perché il femminismo deve essere liberato? E da cosa?
Il femminismo istituzionale non si preoccupa di affrontare e risolvere molti problemi come quello dell’egemonia della classe bianca, borghese e eterosessuale. E’ vero le organizzazioni femministe difendono la parità dei diritti ma – come ho scritto nel mio libro – si limitano a combattere affinché le donne possano accedere a privilegi di classe senza mettere in discussione l’esistenza stessa di questi privilegi. Sono spesso troppo morbide nei riguardi del potere ma è proprio questo potere che crea le discriminazioni verso le donne.

Lei propone un modello di “femminismo plurale”. In cosa consiste?
Sono molto critica nei confronti delle associazioni come “Ni putes ni soumises” e “Osez le féminisme”perché impongono un unico modello di emancipazione della donna. La loro propaganda, costruita fondamentalmente attorno al principio di dignità della donna, erige un solo modello di emancipazione di cui tutte noi dovremmo, secondo loro, far parte. Dunque, le persone che si vogliono emancipare in un altro modo – ad esempio attraverso il sesso o decidendo di indossare il velo – vengono totalmente disprezzate da questo tipo di femminismo. Io vorrei un femminismo plurale che ammetta, riconosca e difenda anche altri modi di emanciparsi. Non tutte le donne aspirano necessariamente alle stesse cose, alcune, ad esempio, possono amare il sesso. E sì, prostituirsi può essere un modo di riappropriarsi della propria sessualità e del proprio corpo.

Sta dicendo che prostituirsi è una forma di emancipazione?
Non è una forma assoluta di emancipazione ma relativa. Relativa alle condizioni in cui si esercita e si è scelto di farlo. Voglio dire, la prostituzione non è la via attraverso la quale una donna si deve emancipare. E’ un modo di sopravvivere come un altro, non dico sia meglio o peggio di un altro lavoro. Il concetto è che ognuno deve poter scegliere il modo di liberarsi. E questo può avvenire anche attraverso il lavoro sessuale.

Ma la maggioranza delle prostitute – come lei saprà – non ha scelto di farlo. Nel suo libro si parla poco di sfruttamento della prostituzione.
Il nostro sindacato combatte da anni questo problema, lotta contro l’obbrobrio morale, la schiavitù, il traffico di essere umani, lo sfruttamento sessuale dei bambini. Lo Strass è un luogo di riflessione e elaborazione di un modello di lavoro sessuale autogestito e scelto. Nel mio pamphlet mi sono voluta concentrare su come il femminismo istituzionale affronta il concetto di prostituzione e di prostituta. Come ho scritto, noi siamo pro-sesso, pro-porno, pro-puttane e per la libertà di portare il velo. Tutte le femministe dovrebbero lottare affinché ciascuna donna possa essere rispettata a prescindere dalla scelta che decide di fare.

Voi chiedete le dimissioni di Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti delle donne, che sta lavorando a una legge che punisce i clienti.
L’abolizionismo è una posizione paternalista e non ha alcun senso. Non farà altro che rendere il lavoro delle prostitute ancora più pericoloso. Al ministro Belkacem chiediamo di ritirare questo progetto di legge. Ai ministri del lavoro, della giustizia e dell’interno chiediamo l’abrogazione del reato di adescamento passivo, che tra l’altro il Partito socialista promette di fare da mesi.

Lei perché ha cominciato a prostituirsi?
Ero all’università, lavoravo in un bar ma guadagnavo veramente poco. Un giorno, avevo 22 anni, ho scoperto che facendo la escort a domicilio potevo diventare totalmente indipendente e lavorare quando volevo. Così ho iniziato. Ora mi dedico unicamente al Sindacato e alla militanza."

sabato 22 settembre 2012

Per riflettere...

Da qualche giorno ho finito di leggere "Il corpo delle donne" di Lorella Zanardo, e più andavo avanti nella mia lettura più mi convincevo che questo libro dovrebbe essere letto da tutti gli uomini e le donne di qualsiasi età. Non mi interessa aggiungere altro, voglio semplicemente lasciarvi con le parole della Zanardo riportandovi alcune parti del libro, e sperare che questo susciti la vostra curiosità e magari vi spinga alla lettura integrale di questo libro eccezionale che fa comprendere come in TV troviamo la donna che appare, ma manca la donna che è. Senza contare che ci vengono imposti stereotipi femminili quando nella realtà i tipi di donna sono molteplici e svariati. Non esiste, oserei dire per fortuna, solo il modello di donna proposto dai mass-media.
Buona lettura:

Ho lavorato e sono sfinita, non immaginavo così tanta fatica, così tanta noia. Adesso so che le immagini non sono solo immagini, sono comunicazione, memoria, sapere, educazione...
Di certo non immaginavo che le immagini televisive fossero uno specchio così preciso per alcuni comportamenti. Ho cercato di guardare dentro quello specchio per vedere chi siamo e magari riuscire a modificarci se non ci piacciamo. Ho capito anche che talvolta gli specchi servono a nascondere oltre che a rivelare.

Volti ricondotti a maschere dalla chirurgia estetica. Corpi gonfiati a dismisura come fenomeni da baraccone di un circo perenne che ci rimandano a un'idea di donna contraffatta, irreale. Allora sono sicura che la TV la puoi guardare, la puoi sopportare, ma solo pensando che è un grande circo.

I volti e i corpi delle donne reali sono stati occultati; al loro posto, la proposizione ossessiva, volgare e manipolata di bocche, cosce, seni: una rimozione e sostituzione con maschere e altri materiali.
Dove sono finite le "qualità" del femminile nelle immagini che dominano?
Non riusciamo a scorgere in TV una natura peculiare dell'essere femminile, un'identità nuova, originale, genuina a parte pochissimi casi su reti minori o in orari di bassa audience.

Essere autentici probabilmente costituisce uno dei diritti fondamentali dell'uomo. Ma essere autentici richiede di saper riconoscere i nostri desideri e i nostri bisogni più profondi.
Dal mio punto di vista, credo che il vero problema delle donne sia non essere più in grado di riconoscere i propri bisogni, e di conseguenza come è possibile essere autentiche?

Sono sicura che senza questa pressione continua sul "dovere essere belle" secondo dei canoni che noi non abbiamo scelto, ci accetteremmo di più per quel che siamo.

Diceva la Magnani al truccatore che prima del ciak stava per coprire le rughe del volto: "Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele".

Ricordo una trasmissione dove Teo Mammuccari fingeva di ipnotizzare una soubrette a cui veniva ordinato di togliersi pantaloni e reggiseno. La donna restava in piedi, in mutande e reggiseno, occhi chiusi, i pantaloni alle ginocchia. La telecamera la inquadrava, piacente e adulta, con i pantaloni calati: l'immagine era oscena e mi pareva che con questa violenza visiva si andasse ben oltre la proposta di modelli in cui gli spettatori a casa potessero immedesimarsi. C'era un compiacimento nel mostrare oltre il lecito e oltre il buongusto, c'era il piacere dello scherno, dell'umiliazione: come se si desse per scontato che a casa godessero nel vedere i loro eroi avviliti.

Pensavo agli italiani di fronte la televisione. Mi chiedevo come si sentissero, sottoposti costantemente com'erano a stimoli erotici: coniugi che si accoppiavano davanti allo schermo stimolati da enormi seni perennemente in primo piano, adolescenti eccitati davanti a provocanti soubrette in trasmissioni pomeridiane...Ma è veramente così?

Le due veline provocanti, ammiccanti, stanno in ginocchio sulla scrivania dei conduttori, occupando i lati dello schermo. Sorridono al pubblico, vezzose e infantili.
Non parlano quasi mai. Ogni tanto si alzano per lo stacchetto, un balletto durante il quale la telecamera sbircia insistentemente sotto le minigonne. Sono "ragazze decorazioni" volti e corpi piacevoli ma non eccessivi nelle forme, sguardi ingenui [...] A queste ragazze non è quasi mai richiesto di parlare e, se lo fanno,  è solo per avvalorare l'affermazione di un uomo.

Iacchetti e Greggio [...] incuranti degli anni che passano, alternano barzellette e battute a doppio senso sulle loro partner in trasmissione, che per età potrebbero essere le loro nipoti.
[..] Emerge che Striscia, con quei due sessantenni adolescenti e quelle due lolite, è davvero uno spaccato dell'Italia d'oggi: perdita di ruoli, mancanza di figure di riferimento. Dove sono gli adulti a cui i ragazzi e le ragazze possono ispirarsi in modo simbolico?

Eravamo partiti con l'idea di dire basta alle donne trattate come oggetti o come eterne bambine; non eravamo pronti allo scherno, alla derisone, alla sopraffazione.

Il danno più grave che emergeva era l'evidente colonizzazione del nostro immaginario. Accade infatti sempre più spesso che tra donne si presti molta più attenzione di prima a seni, bocche e corpi: guardiamo il seno di un'amica, valutiamo la linea della collega, scrutiamo le rughe e gli altri segni di invecchiamento delle altre donne. Dipende, è evidente. dall'aver introiettato il modello maschile: ci guardiamo come riteniamo ci guarderebbe un uomo. Ma come sarebbe il nostro sguardo depurato dalle pressioni dei media?

Quante donne si sottopongono a un intervento di mastoplastica additiva, mi chiedevo, per un personalissimo e rispettabile desiderio di avere un seno più voluminoso e quante invece sotto la spinta dell'insicurezza che deriva dal non sentirsi adeguate, dal non corrispondere a un modello di bellezza imperante?

Perché non è possibile, semplicemente, avere delle trasmissioni, come in qualsiasi altro stato dell'Unione europea, dove l'intrattenimento non significa l'umiliazione delle donne?

Se il "mercato" televisivo dunque propone, tra le altre cose, un'immagine umiliante per le donne, vuol dire che è questo che il pubblico "consumatore" vuole, perfino quello femminile? E' accettabile, per la comunità dei cittadini?

La donna adulta fa riferimento alla dimensione del seno della ragazza prima dell'operazione, definendolo "meno di una coppa di champagne", dimensione non sufficiente ma che comunque "ti ha consentito di aver un fidanzato".  Sembra chiaramente che qui si sta passando il messaggio che un fisico non rispondente ai diktat del mercato può compromettere la possibilità di stabilire una relazione d'amore.

I volti delle donne adulte sono stati banditi dalla televisione. I volti delle donne mature sono scomparsi. Dove sono finiti? Perché in televisione non si vedono quasi più?

Il termine faccia viene dal verbo fare e dunque ci portiamo in giro ciò che abbiamo fatto nella vita: la nostra faccia, appunto.

"Ho delle rughe molto evidenti", ha dichiarato recentemente l'attrice Kate Winslet in un'intervista ad "Harper's Bazaar". "E quando guardo le locandine dei miei film, dico sempre: "Mi avete ritoccato la fronte. Potete farla tornare com'era?". Preferirei che la gente dicesse "Sembra più vecchia anziché sembra paralizzata".

Attraverso la televisione, sento la violenza insita nel proporre un modello così artificiale di femminile adulto. Penso all'enorme insicurezza di noi donne, costrette ad annullarci pur di essere accettate. Ancora una volta, interpretiamo a modo nostro il presunto desiderio maschile.

...le donne offese in TV possono anche essere considerate indecenti e disdicevoli, ma non vengono viste com oggetto di una violenza diretta verso il genere femminile, e quindi come ostacolo alla dignità e all'affermazione individuale di ogni donna. Insomma, che si tratti di una violazione di un diritto costituzionale non è ancora coscienza acquisita. La rappresentazione delle donne in TV ridicolizzate, spogliate, manipolate, a volte umiliate, sul piano istituzionale viene considerata ancora come cattivo gusto e non come limitazione della libertà individuale di milioni di donne.

Non si tratta solo dell'uso e della strumentalizzazione del corpo femminile per vendere qualunque oggetto, ma anche e soprattutto della continua svalutazione della donna intesa come persona, eternamente relegata in ruoli sciocchi e superficiali.

Il modello che detta legge in questo momento è la magrezza estrema corredata però da seni abbondanti, per forza di cosa spesso installati da invasive operazioni chirurgiche.
Tutto questo nudo e i continui richiami sessuali non operano la liberazione dell'erotismo femminile, che l'uomo teme in quanto segno evidente di affermazione della persona, ma, abbinati al continuo reinserimento della figura femminile nei ruoli di madre, sposa e prostituta, servono a congelarne le possibilità di evoluzione nella società, a limitarne la libertà e i diritti.

Si tratta di creare spettatori consapevoli, liberi non in base a quanto viene loro proposto ma in base a ciò che essi sanno riconoscere e valutare; se so cosa sto guardando, se ne decifro il linguaggio. allora posso veramente scegliere cosa guardare, e quindi solo allora veramente libero.

"Di che cosa abbiamo paura?", direi che abbiamo paura di non piacere. Abbiamo paura di non essere accettate così come siamo. E forse, in ultima analisi di rimanere sole.
Non importa. vorrei dire alle ragazze che incontro in giro per l'Italia, non importa se non piacciamo a tutti. Accettiamo di non piacere, almeno per un po'.
Per il tempo necessario per far si che anche in Italia, paese in "resistenza", si cominci a considerare una donna che rivendica i propri diritti, diritti sanciti dalla Costituzione, semplicemente una persona che rivendica i propri diritti.

Sorprendentemente, sul blog scrivevano anche molti uomini:
"Sono un ragazzo di ventitré anni e con infinita ostinazione mi scontro ogni giorno con la mia ragazza per spronarla a cercare se stessa fuori dagli stereotipi formali che il mondo degli uomini le ha cucito addosso."
"Ma nessuno pensa a noi uomini? Davvero credono che siamo una massa di bavosi arrapati che stanno davanti alla TV aspettando che Belen si spogli? Io mi sento offeso nella mia dignità tanto quanto voi.
Considerano voi prosciutti e noi decerebrati. Siamo stufi quanto vuoi e il nostro ideale di donna è lontano anni luce da quello che vediamo in TV. Siete voi che vi lasciate manipolare, così andate dal chirurgo. fate i fanghi per la prova costume, vi vestite per le altre e non certo per noi."

Oggi le manifestazioni sono sempre più rare, probabilmente perché è venuta a mancare la consapevolezza che le nostre azioni possano modificare e migliorare il mondo che ci circonda: Perché manifestare se poi niente cambia?

Ci scagliamo tanto contro le tante ragazze oggetto usate nelle trasmissioni televisive. ma è a chi governa la televisione che dovremmo chiedere dei limiti da far rispettare agli autori.

Perché non reagiamo?
Perché non ci presentiamo nella nostra verità?
Perché accettiamo questa umiliazione continua?
Perché non ci occupiamo dei nostri diritti?
Di che cosa abbiamo paura?





martedì 18 settembre 2012

Parigi, l'asilo che cancella le differenze tra i sessi

"Bambine che giocano" della pittrice impressionista Berthe Morisot"
Parigi, 7 settembre - Maschietti che giocano con le bambole e femminucce che si divertono con lego e macchinine: e' l'esperimento di un asilo francese di Saint-Ouen, alle porte di Parigi, per lottare sin dall'infanzia contro gli stereotipi sessisti. Proprio oggi le ministre delle Pari opportunita', Najat Vallaud-Belkacem, e della Famiglia, Dominique Bertinotti, hanno fatto visita a questa scuola pilota - prima ed unica in Francia - che seguendo l'esempio della Svezia (tra i primi Paesi a mettere in atto programmi a scuola per combattere il sessismo e le diseguaglianze legate al genere), conduce da oltre tre anni un lavoro ''per favorire l'uguaglianza tra i sessi'', gia' dalla tenera eta'.

Niente rosa o blu sulle etichette degli armadietti, ne' poster di principesse e pirati alle pareti, e nemmeno case delle bambole e mini-cucine per future casalinghe: ''La lotta contro gli stereotipi sessuali non e' qualcosa che si vede - spiega la direttrice della scuola materna Bourdarias, Haude Constantin -. Non si vede ma e' un processo lungo e delicato che necessita di riflessioni e piccole trasformazioni. Ma funziona!''. Anche i genitori sono invitati a contribuire alla formazione: vengono educati al significato di 'genere', si spiega loro quali sono le rappresentazioni culturali legate al sesso e il rapporto sociale tra maschi e femmine. .

''All'inizio eravamo sorpresi - spiega un papa', Arnaud, 43 anni -. Non capivamo bene che cosa c'entrasse il sessismo con dei bimbi di meno di tre anni. Poi ci siamo resi conto che noi stessi perpetravamo dei cliche'. Nostro figlio era un ometto, forte e coraggioso. Mai gli avremmo detto: 'Sei carino'''. Anche gli educatori hanno dovuto imparare a non cedere alle diseguaglianze di base: niente complimenti sui vestitini alle femmine e guai a esortare i maschi a non piangere perche' ''i duri non versano lacrime''. Dalla Svezia e' arrivata una studiosa di pedagogia che ha formato il personale che sta conducendo l'esperimento. Tra le regole: fare gli stessi complimenti a tutti e, se non lo fanno spontaneamente, esortare i piccoli a giocare con tutti i giochi. ''Non si tratta di forzarli ma di offrire loro la possibilita' di scegliere - spiega uno degli educatori -. E' sorprendente scoprire che le bambine impazziscono per gli atelier di bricolage mentre i bambini adorano gli atelier sulle emozioni, un gioco per imparare a esprimere gioia, tristezza, rabbia o paura. Perche' se non si sanno verbalizzare le proprie emozioni si usa la forza o si alza la voce''. Lo scopo dell'esperienza? Formare adulti meno violenti e senza stereotipi.


Cosa ne pensate? Secondo me tutte le scuole dovrebbero cominciare a comportarsi esattamente come questo asilo francese. D'altronde non ho dubbi che sia un esperimento che avrà esiti positivi poiché i bambini sono curiosi e amano esplorare tutto, e allora perché ostinarci nel limitare questa loro immensa creatività, queste loro potenzialità. E poi tentare non nuoce.

giovedì 13 settembre 2012

Clara Schumann: una delle prime grandi concertiste europee

Google, oggi, celebra e porta alla ribalta dei più un personaggio molto interessante.
Anche su questo blog non può mancare un piccolo omaggio per Clara Schumann, compositrice e pianista tedesca, ma prima ancora una gran donna.



La musica era nel destino di Clara Josephine Wieck Schumann, sin dalla nascita. Suo padre, infatti, cantore e insegnante di piano, aveva fondato una fabbrica di pianoforti; la madre era cantante e pianista e il nonno un celebre compositore. La famiglia, ben presto, si accorge delle doti di Clara, che viene destinata a corsi privati, con l'intento di renderla una virtuosa del piano.
Alla scuola del padre, la donna conosce Robert Schumann e se ne innamora. Il matrimonio, osteggiato dalla famiglia, avviene al compimento dei suoi 21 anni e nel contempo la carriera della Schumann comincia a prendere il largo, con i primi concerti anche in giro per l'Europa.
All’inizio della sua carriera artistica, Clara Schumann divenne conosciuta principalmente per le esecuzioni di pezzi già popolari e di successo, selezionati dal padre. Successivamente maturò un particolare gusto per i nuovi compositori dell’epoca romantica come Chopin, Mendelssohn e naturalmente Robert Schumann. Iniziò a mettere insieme da sola i programmi, inserendo anche composizioni di Haydn, Mozart, Brahms e Beethoven.
Ben presto, però, Robert comincia a dare segni di squilibrio mentale e Clara è così costretta ad accudirlo, sino al necessario internamento. Ci sono otto figli da crescere e per farlo la musicista decide di moltiplicare gli sforzi lavorativi. Nel 1854 realizza 22 concerti europei in appena due mesi e non si risparmia neanche nei mesi a seguire. Ben presto, però, il suo corpo comincia ad accusare grossi problemi, soprattutto a un braccio sinistro, che non sembra rispondere alle cure.
Spesso non riusciva a dormire, annullò diversi concerti, le cure a base di oppio e l'immobilità non le giovarono, perché dopo poco tempo i dolori ritornavano.
Ma Clara non volle fermarsi e anzi decise di impegnarsi in performance sempre più difficili: nel 1861 suonò l'impervio concerto N°1 in re minore di Brahms, che le richiese uno sforzo fisico immenso. 
«La Wieck-Schumann soffriva di quella che oggi chiamiamo "sindrome da sovraccarico — spiega Rosa Maria Converti, responsabile dell'ambulatorio "Sol Diesis" dedicato ai musicisti, dell'Istituto Don Gnocchi di Milano —. È una delle patologie più frequenti dei pianisti e dipende dal fatto che il musicista suona pezzi che sono al di sopra delle sue possibilità, senza un'adeguata preparazione fisica, oppure suona troppo: c'è chi va avanti anche 15 ore, magari senza pause, senza stretching». Clara, grazie alla forza di volontà, alla ferrea disciplina e alle buone regole di postura apprese fin da piccola non cedette, anche se le capitava di non riuscire a muovere altro che le dita. Poi, fra il 1873 e il 1875, il crollo: annullò tutti i concerti in Inghilterra e negli Stati Uniti per trovare finalmente una soluzione al suo dolore cronico e rischiò di cadere in depressione mentre tentava i curarsi in ogni modo, facendosi visitare da innumerevoli medici.

L’ultimo concerto pubblico di Clara Schumann si tenne nel marzo del 1891. Cinque anni dopo, morì a causa di un infarto quando aveva 76 anni. È sepolta nel cimitero di Bonn insieme con il marito Robert.

Negli ultimi anni di vita Clara Schumann fu costretta su una sedia a rotelle e divenne quasi completamente sorda. La sua storia interessò diversi storici della musica e affascinò scrittori. Nel 1947 l’attrice Katharine Hepburn interpretò il suo ruolo nel film Canto d’amore, ispirato alla storia sentimentale tra Clara e Robert, che contribuì a farla conoscere a un pubblico più ampio e popolare.

Così la ricordiamo: