domenica 5 maggio 2013

Addio ad Agnese Borsellino, simbolo della lotta contro la mafia


Oggi, a Palermo, è morta Agnese Piraino Leto, vedova del giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia nel 1992. La signora Borsellino era ammalata da tempo.


 
Con lei se n'è andata via un altra meravigliosa donna, simbolo di coraggio, legalità, resistenza della giustizia. Agnese  non ha mai rinunciato a testimoniare il proprio impegno nella lotta alla mafia e nella ricerca della verità sull'uccisione del marito. Citata a deporre nell'ultimo processo per la strage, in corso a Caltanissetta, avrebbe dovuto ripetere in aula le confidenze ricevute dal marito poco tempo prima di morire: "Paolo mi accennò che c’era una trattativa tra la mafia e lo Stato. – ha raccontato ai pm la vedova – Dopo la strage di Capaci mi disse che c’era un colloquio tra mafia e pezzi infedeli dello Stato". ’"Paolo mi disse – ha raccontato la donna – mi ucciderà la mafia ma solo quando altri glielo consentiranno". Agnese è morta senza sapere la verità, ha trascorso l'intera vita aspettando di avere giustizia, ha lottato con tutta se stessa per mantenere viva la memoria del marito Paolo, uomo che ha sacrificato la propria vita per la giustizia e la legalità. Una donna coraggiosa che da sola ha continuato la strada intrapresa dal marito. 

Resterà per sempre nel cuore di tutti/e. 
La ricordiamo con le sue parole:


Caro Paolo, da venti lunghi anni hai lasciato questa terra per raggiungere il Regno dei Cieli, un periodo in cui ho versato lacrime amare; mentre la bocca sorrideva il cuore piangeva, senza capire, stupita, smarrita, cercando di sapere. Mi conforta oggi possedere tre preziosi gioielli: Lucia, Manfredi, Fiammetta; simboli di saggezza, purezza, amore, posseggono quell' amore che tu hai saputo spargere attorno a te, caro Paolo, diventando immortale. Hai lasciato una bella eredità, oggi raccolta dai ragazzi di tutta Italia; ho idealmente adottato tanti altri figli, uniti nel tuo ricordo dal nord al sud - non siamo soli. Desidero ricordare: sei stato un padre e un marito meraviglioso, sei stato un fedele, sì un fedelissimo servitore dello Stato, un modello esemplare di cittadino italiano, resti per noi un grande uomo perché dinnanzi alla morte annunciata hai donato senza proteggerti ed essere protetto il bene più grande, «la vita», sicuro di redimere con la tua morte chi aveva perduto la dignità di uomo e di scuotere le coscienze. Quanta gente hai convertito!!! Non dimentico: hai chiesto la comunione presso il palazzo di giustizia la vigilia del lungo viaggio verso l' eternità, viaggio intrapreso con celestiale serenità, portando con te gli occhi intrisi di limpidezza, uno sguardo col sorriso da fanciullo, che noi non dimenticheremo mai. In questo ventesimo anniversario ti prego di proteggere ed aiutare tutti i giovani sui quali hai sempre riversato tutte le tue speranze e meritevoli di trovare una degna collocazione nel mondo del lavoro, dicevi: «Siete il nostro futuro, dovete utilizzare i talenti che possedete, non arrendetevi di fronte alle difficoltà». Sento ancora la tua voce con queste espressioni che trasmettono coraggio, gioia di vivere, ottimismo. Hai posseduto la volontà di dare sempre il meglio di te stesso. Con questi ricordi tutti ti diciamo «grazie Paolo», tua Agnese.

Grazie Agnese




sabato 4 maggio 2013

Sosan Firooz, la prima donna rapper


Sosan Firooz ha solo 23 anni ma coraggio da vendere, una donna che in quella terra martoriata che è l'Afghanistan vuole cambiare la storia attraverso la musica. Sosan Firooz è la prima donna rapper in una nazione povera di arti musicali, che attraverso le parole delle sue canzoni sta lanciando un messaggio di libertà e giustizia al suo popolo, e grazie ad Internet, anche al resto del mondo.
Ascolta la mia storia! Ascolta il mio dolore e la mia sofferenza!” canta Sosan. Il suo è un grido di dolore ma anche e soprattutto di speranza, la speranza che qualcosa per le donne afghane possa cambiare. Canta e lotta Sosan, va contro tutte le convenzioni sociali e le tradizioni afghane: si esibisce davanti a uomini e donne, rifiuta di indossare il burqua, lascia i suoi lunghi capelli liberi da qualsiasi velo e il suo abbigliamento è tipicamente hip hop: jeans larghi, bracciali, catene, cintura con un teschio, orecchini.

Sosan riesce a imporsi, con il microfono esprime pienamente se stessa. Nel suo primo pezzo, Our neighboord, parla di speranze di pace per la sua nazione, di miseria e repressione per le giovani donne, ma soprattutto della famiglia, in fuga negli anni '90 per sfuggire alla guerra civile, dei campi profughi di Iran e Pakistan dove ha vissuto per anni, subendo angherie e un razzismo insopportabile.
Ovviamente la giovane donna ha già ricevuto numerose minacce di morte. E' stata abbandonata da moltissimi amici e parenti, le uniche certezze che continua ad avere sono il suo coraggio e la sua famiglia, che non l'ha mai abbandonata. 
Sosan lancia anche un appello ai suoi coetanei e connazionali:  “Restate nel vostro paese. Coloro che vanno via trovano solo lavori miserabili. Avranno nostalgia della loro terra, vorranno baciare la sua polvere. Qual'è il risultato di essere dei rifugiati in Iran o in Pakistan? Per loro metà degli afghani sono tossicodipendenti e l'altra metà terroristi”.
In Afghanistan Sosan Firooz sta iniziando solo ora a farsi conoscere. Da poco ha partecipato a tre giorni di concerti a Kabul dove, a causa delle regole sociali tuttora in vigore, i musicisti si sono dovuti esibire due volte, il primo giorno di fronte a un pubblico femminile, il secondo di fronte a quello maschile. 

Quando non si esibisce, Sosan lavora come attrice. Per fortuna, qualcuno l'ha scoperta e le ha offerto il suo aiuto. Il suo primo e unico singolo è stato infatti creato nel piccolo studio di registrazione del compositore Fared Rastagar, che ora la segue e la aiuta nella sua carriera. 


Che la riscossa di un popolo intero possa partire dalle rime di speranza di una giovane donna? Non dimentichiamo il coraggio di Sosan e di tutte le donne che come lei, in ogni parte del mondo, lottano contro la repressione e la paura.