lunedì 24 giugno 2013

Il Gay Pride di Palermo.


Che sta accadendo? Cammini per Palermo e molte vie sono chiuse, senza neanche una macchina. Polizia, vigili del fuoco, ambulanze. In lontananza senti urla e grida. Per uno che non lo sa e che vede troppi film horror probabilmente stara’ pensando che sia arrivata la tanto temuta apocalisse zombie, ma poi tutto cambia. Quelle urla e quelle voci sono di felicita’, di allegria. Cominci a sentire musica. La gente si affaccia dai palazzi, si butta per le strade, aspettando. Ed eccolo che arriva.

No, non e’ un’orda di zombie inferocita. Non si tratta neanche dell’ennesima stupida manifestazione studentesca voluta non per cambiare le cose ma per saltarsi un giorno di scuola (a mio parere piu’ pericolosa degli zombie).

No, e’ qualcosa di piu’ importante. E’ qualcosa che sta aprendo le porte di un nuovo (e speriamo migliore e piu’ vicino possibile) futuro.

E’ il Gay Pride di Palermo.

Si, perche’ questa volta le cose non solo sono state fatte in grande, ma anche bene.

Mesi di duro lavoro hanno dato i risultati che tutti speravamo. Un Gay Village aperto per dieci giorni ai Cantieri Culturali della Zisa (classificato come il piu’ grande d’Europa), un Pride con 130.000 persone e, finalmente, un’impennata notevole del turismo che vede gente provenire, per questo evento, non solo da tutta Italia ma da tutta l’Unione Europea.

Abitando nei pressi dei Cantieri ho passato quasi l’intera settimana li’ dentro, osservando piacevolmente impressionato il duro lavoro di un gruppo di persone dare i suoi frutti.

Camminavo per i Cantieri, divertendomi, sorridendo alla vista non solo del numeroso popolo LGBT, ma anche dei numerosissimi etero, famiglie con bambini, stranieri che sono venuti qui a Palermo per questo evento.

Eh si! Impressionante pensare come, ad un Gay Pride, l’orgoglio, la felicita’, la speranza, il divertimento e soprattutto la tolleranza sia stata data anche dal mondo etero dimostrando finalmente come, in realta’, non vi sono differenze gli uni fra gli altri.

Perche’ e’ questo lo scopo di un Pride. Ricordarci che siamo tutti uguali. La prova? Tutti quegli etero, invece di starsene a casa, erano con noi. Hanno ballato con noi, si sono divertiti con noi, hanno sfilato con noi.

E questo ci riporta al momento clue di questa settimana impegnativa: il Gay Pride, la sfilata che e’ partita il 22 giugno alle 5:30pm dal Foroitalico, salendo per Corso Vittorio Emanuele, girando in via Roma, arrivando a Piazza Sturzo, salendo per il Politeama e continuare per via Dante, fino a giungere a Piazza Principe di Camporeale dove si trovano i Cantieri Culturali.

Mi sono mosso con un paio di amici fino all’entrata di Corso Vittorio Emanuele, per poi staccarmi e, affiancato dalla mia macchina fotografica, ho deciso di tornare indietro per fare foto all’impazzata.

Drag Queen che salutavano da sopra i carri con i loro fantastici vestiti colorati (il rosa spiccava ovunque), carri decorati in tutti i modi possibili, musica al massimo del volume, le emozioni che salivano. Non potevi trattenere i sorrisi, era impossibile. Eri li’, nel mezzo di una parata che significa di tutto e di piu’. Una parata formata non solo da gente che richiede i propri diritti, ma anche da chi vuole che questi diritti vengano dati.

Mi ritrovai improvvisamente nel mezzo della folla, impossibilitato nell’andare avanti e quindi mi arresi all’idea di dover rimandare le foto dei carri piu’ lontani ad un momento piu’ propizio, mentre nel frattempo mi godevo la musica del carro che avevo davanti (quello dell’Exit, locale famoso di Palermo per il popolo LGBT e non solo).

La parte piu’ bella? Non eravamo noi che facevamo parte del corteo. Non era neanche la Regina Elisabetta (si, ci ha fatto visita per questo avvenimento importante. E’ colpa sua se siamo partiti dopo le cinque: non voleva rinunciare all’immancabile te’ inglese). No, la parte piu’ bella sono stati loro: la gente affacciata ai balconi, ammassata sulle strade in attesa del passaggio dei carri che salutava, sorrideva e, presa dall’emozione del momento, si univa a noi. Volevamo raggiungere un risultato, e ci siamo riusciti. Adesso l’impegno principale e’ mantenerlo.

130.000 persone. Non e’ un dato indifferente. Non puo’ essere ignorato. Significa qualcosa. E’ qualcosa. E’ l’inizio di qualcosa di diverso, in una citta’ che e’ sempre stata dipinta il peggio del peggio ma che ha dimostrato, in questa occasione, di essere molto piu’ avanti e di non avere nulla da invidiare a quelle grandi metropoli mondiali che si definiscono tolleranti verso il popolo LGBT e che ogni tanto invece si macchiano di notizie orribili come stupri, uccisioni e bullismo.

Segue infine la serata ai Cantieri, fino alle tre di notte, per poi prepararsi per l’indomani, ultimo giorno del Gay Village.

Siamo riusciti nel nostro intento? Io dico di si. Adesso il nostro scopo e’ quello di continuare a lottare, di mantenere alti i risultati adesso ottenuti e di raggiungerne di nuovi. Nulla, la paura per prima, ci deve fermare.

Perche’ e’ questo che vuole dire il Gay Pride. E’ questo cio’ su cui si basa. Sull’essere fieri di cio’ che si e’, che la diversita’ sessuale non deve essere sintomo di vergogna ma di orgoglio, perche’ e’ un dono. Che il proprio orientamento sessuale, la nostra identita’ di genere, sono situazioni innate e che non possono essere alterate intenzionalmente (come invece certe teste di c***o credono si possa fare).

I gay Pride esistono dal 1969. Sono ben 44 anni che queste manifestazioni cercano di raggiungere gli obbiettivi prefissati. Da quella prima volta molte cose sono cambiate e oggi, finalmente, come abbiamo potuto vedere a Palermo, si puo’ cominciare finalmente a parlare di cambiamento nel senso positivo del termine.








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